L’industria della moda riveste un ruolo fondamentale nel raggiungimento degli obiettivi contenuti nell’Agenda ONU 2030 per lo sviluppo sostenibile. Ad oggi, essa contribuisce con 2,4 trilioni di dollari all’economia globale impiegando più di 300 milioni di persone in tutto il mondo (soprattutto donne). I dati restituiscono, almeno in parte, la misura dell’impatto che questo settore può avere sugli indicatori di crescita sociale e ambientale. Per questo motivo, è molto importante che vi sia un repentino cambio di passo nei processi di produzione e nei modelli di consumo. In tal senso, numerose realtà del nostro Paese si sono già adoperate per garantire la sostenibilità dell’intera filiera.
Cos’è la moda sostenibile
La sostenibilità nella moda comprende sia questioni sociali - come il miglioramento delle condizioni di lavoro e della remunerazione dei lavoratori - che quelle ambientali, inclusi la riduzione del flusso di rifiuti dell’industria tessile, dell’inquinamento idrico e delle emissioni di gas di serra.
Stando ai dati riportati dall’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) questo settore "è responsabile per circa il 2,8% delle emissioni di gas di serra" con un consumo annuo di acqua pari a 215 trilioni. Inoltre, i tessuti producono "circa il 9% delle perdite annuali di microplastiche negli oceani".
Da qui, l’esigenza di rimodulare l’intero ciclo produttivo in adeguamento ai nuovi standard di sostenibilità sociale e ambientale. Al riguardo, nel 2019, è stata lanciata la UN Alliance for Sustainable Fashion, un’alleanza che "intende promuovere una maggiore collaborazione tra le diverse agenzie ONU per unire gli sforzi verso lo sviluppo di una moda sostenibile, identificando soluzioni e sensibilizzando i governi alla causa".
Nello specifico. l’UN Alliance intende "incentivare una collaborazione attiva tra tutti gli stakeholder, la condivisione di conoscenze, il consolidamento di sinergie, la comunicazione e l’advocacy su governi, ONG, enti e aziende" per il raggiungimento di un obiettivo comune.
Il Manifesto per la sostenibilità della moda italiana
Nel lontano 2012, la Camera Nazionale della Moda Italiana ha pubblicato il "Manifesto per la sostenibilità per la Moda italiana" che, senza ombra di dubbio alcuno, ha segnato un cambio di passo importante nei processi di produzione e modelli di consumo.
Si tratta di un decalogo che interpreta "le sfide globali della sostenibilità, definendo azioni concrete e distintive per le imprese italiane". Pertanto, esso "si propone come uno strumento in grado di guidare le imprese italiane a cogliere le opportunità offerte da una maggiore attenzione agli aspetti ambientali e sociali e, al contempo, assistere le imprese stesse a gestire al meglio i rischi di reputazione e i rischi operativi".
Nello specifico, i dieci capisaldi del decalogo sono:
- Design: "Disegna prodotti di qualità che possano durare a lungo e minimizzino gli impatti sugli ecosistemi";
- Scelta delle materie prime: "Utilizza materie prime, materiali e tessuti ad alto valore ambientale e sociale";
- Lavorazione delle materie prime e produzione: "Riduci gli impatti ambientali e sociali delle attività e riconosci il contributo di ognuno al valore del prodotto";
- Distribuzione, marketing e vendita: "Includi criteri di sostenibilità lungo tutto il percorso del tuo prodotto verso il cliente";
- Sistemi di gestione: "Impegnati verso il miglioramento continuo delle prestazioni aziendali";
- Moda e sistema Paese: "Sostieni il territorio e il Made in Italy";
- Etica d’impresa: "Integra i valori universali nel tuo marchio";
- Trasparenza: "Comunica agli stakeholder in modo trasparente il tuo impegno per la sostenibilità";
- Educazione: "Promuovi l’etica e la sostenibilità presso i consumatori e tutti gli altri interlocutori";
- Fai vivere il decalogo.
Nel 2016 La Camera Nazionale della Moda Italiana ha tracciato il percorso della sostenibilità con le Linee Guida sui requisiti eco-tossicologici per gli articoli di abbigliamento, pelletteria, calzature e accessori, a servizio della filiera e volte alla progressiva riduzione dell’utilizzo di gruppi di sostanze chimiche nella filiera.
Il documento illustra le modalità di utilizzo di 350 sostanze chimiche "nelle filiere e la metodologia di analisi nei singoli prodotti".
I vincitori del Sustainable Fashion Awards 2022
In Italia, le grandi firme dell’Alta Moda hanno fatto da apripista a un nuovo modo di interpretare il concetto di sostenibilità ambientale e sociale.
Lo scorso 25 settembre, al Teatro La Scala di Milano, si è svolta la cerimonia di premiazione dei Sustainable Fashion Awards 2022, i riconoscimenti della Camera Nazionale della Moda Italiana (CNMI), in collaborazione con Ethical Fashion Initiative (EFI) delle Nazioni Unite, un programma dell’International Trade Center e con il supporto del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, dell’Italian Trade Agency e del Comune di Milano.
Durante l’evento sono stati assegnati 14
premi a stilisti e aziende virtuose che si sono distinte nel mondo della moda italiana e internazionale per il loro impegno verso la sostenibilità, a tutela dell’economia circolare, dei diritti umani e dell’ambiente.- Il Gruppo Prada ha ottenuto The Oceans Award nel merito del progetto Sea Beyond by Prada
- The Climate Action Award è stato assegnato a Gucci per l’iniziativa La Soledad x Gucci
- Stefano Albini e Sara Bellos hanno vinto The Groundbreaker Award per Grounded Indigo by Albini Next and Stoney Creek Colors
- The Philantrophy & Society Award (The OTB Foundation) è stato conferito ad Arianna Alessi e Renzo Rosso
- The Biodiversity Conservation Award, per il progetto Oasi Zegna, è stato consegnato a Ermenegildo Zegna
- The Craft & Italian Artisanship Award: Bottega for Bottegas by Bottega Veneta a Bartolomeo Rongone
- The Woolmark Company Award for Innovation: Sease a Franco e Giacomo Loro Piana
- The Visionary Award al "re" dell’Alta Moda: Giorgio Armani.
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