Principe, ma le sembrava il momento di sollevare questa questione? «Doveva - ed Emanuele Filiberto sottolinea doveva - essere sollevata adesso». Perché? «A dicembre scadono i termini per avviare la causa». Risarcimenti per i palazzi e i beni espropriati? «Non mi interessano i soldi» giura il principe: «Fino allultimo centesimo, ammesso che lo otteniamo, finirà in una fondazione: case ai bisognosi, borse di studio. Certamente li spenderemo meglio di quanto faccia il governo...». Ci vuole poco: morale? «Voglio giustizia. Come un qualsiasi cittadino. Per i sessantanni di esilio subiti da mio padre e i trenta da me. Sono nato nel 1972, sono stato trattato come un bandito solo per il cognome che porto...».
Per riassumere, la vicenda è più o meno questa. I maschi Savoia - Vittorio Emanuele, erede dellultimo re dItalia Umberto II, e il figlio Emanuele Filiberto - chiedono allItalia 260 milioni di euro a titolo di risarcimento per «presunti danni morali» subiti durante lesilio. Il governo a sua volta «pensa di chiedere i danni» ai discendenti dellex sovrano.
Emanuele Filiberto e i suoi sostenitori, piuttosto, sono indignati per come è uscita la notizia. «Due lettere firmate sono state inviate al presidente del consiglio e al Capo dello Stato. Nessuna denuncia ma la messa in mora, cioè linterruzione dei termini di prescrizione della causa non ancora avviata» sinfervora il principe: «Capisce? Una lettera privata è finita a Ballarò...». E i 260 milioni di euro che saranno richiesti allo Stato italiano come sono stati calcolati? «Semplice - risponde -: ci siamo basati sui risarcimenti avuti dalle ex case regnanti di Jugoslavia, Grecia, Bulgaria». Simone di Bulgaria, per esempio, avrebbe avuto 40 milioni che con regalità, è il caso di dire, ha devoluto alle fasce più disagiate della popolazione.
Le reazioni comunque non si sono fatte attendere. E tutte a senso unico. Pazienza se un liberale incallito come Valerio Zanone, ora senatore dellUlivo, la definisce «una pretesa ignobile davanti alla storia». Per le comunità ebraiche è «inopportuna e offensiva». E, per tutti tra i comunisti italiani, Pino Sgobio propone: «Rimandiamoli in esilio». Ma anche la Consulta dei senatori del Regno, istituita da Umberto II nel 1955, deplora e parla di uniniziativa «di privati cittadini volta a ottenere, per vie oblique, che la Repubblica indichi il successore dinastico» dellultimo re dItalia.
pierangelo.maurizio@alice.it
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