Amis racconta l’amore al tempo dei gulag

Dopo l’erotismo devastante di Cane giallo, Martin Amis si dà alla fiction di sfondo storico affrontando due temi molto impegnativi come il comunismo e il fanatismo islamico.
Sulla rivista Granta ha pubblicato The Unknown Know (La certezza incerta), frammento di romanzo o, se preferite, racconto, sulla squallida vita quotidiana di un terrorista nelle montagne afghane, tra insetti molesti e il sogno di distruggere l’Occidente. E il suo ultimo romanzo The House of Meetings (La casa degli incontri, Einaudi, pagg. 210, euro 17, traduzione di Giovanna Granato), narra un iniquo triangolo amoroso che poggia la base sul gulag. Il motivo per cui Amis ha abbandonato l’idea di un romanzo sul terrorismo islamico, nonostante le potenzialità satiriche (ipse dixit), è l’incertezza del futuro: «Se vivrò molto a lungo, può darsi che un giorno lo tirerò fuori dal cassetto - trovandomi oltre la fine della Long War». Al contrario il comunismo sembra abbastanza sedimentato per farne qualcosa più di un racconto.
La casa degli incontri è un romanzo breve con un tono più distaccato e uno stile meno roboante di quello a cui ci aveva abituati Amis. Del resto l’io narrante è un nonno russo emigrato in America che racconta alla nipote Venus il triangolo amoroso tra lui, il fratello Lev e la moglie di quest’ultimo, la bella ebrea Zoya, al tempo di Stalin, nel gulag di Norlag: «La storia d’amore è di forma triangolare, e il triangolo non è equilatero». Il triangolo è «brutalmente scaleno. Posso confidare, mia cara, che tu abbia un dizionario a portata di mano? Non hai mai avuto molto bisogno di incoraggiamento nel tuo rispetto dei dizionari. Scaleno, dal greco, skalenos: diseguale». Insomma il racconto va oltre lo sfondo storico: l’amore al tempo del gulag avrà le sue caratteristiche peculiari, ma resta qualcosa che sorprende e spiazza e tocca corde profonde, al di là delle prevedibili complicazioni e sfumature concentrazionarie. Lev è un tipo passivo, sia nel suo rapporto con il campo di prigionia, sia in quello con la patria comunista. Il fratello, che racconta la storia in punto di morte, è uno che prende la vita di petto, non solo come metafora romantica, e ha fatto fortuna negli Stati Uniti.
I giornali americani hanno parlato di Dostoevskij, speso il solito paragone con il pietroburghese per i riflessi psicologici nell’iniquo triangolo. Peccato che lo facciano nel 90 per cento delle recensioni. Comunque, senza cadere nei soliti luoghi comuni, hanno anche apprezzato molto il libro a parte il personaggio della nipote Venus, un po’ debole e stereotipato. Amis, con il solito umorismo preso dal padre, lo scrittore Kingsley, uno dei «giovani arrabbiati» degli anni ’50, si è vendicato con una presa in giro in un’intervista all’Independent.

Alla domanda «Qual è la peggior cosa che le sia mai capitata?», ha risposto: «Un giorno al ritorno da un giro di presentazioni negli Stati Uniti ho notato che il bordo della carta igienica in bagno non era piegata in una invitante V - come in tutti gli hotel americani». Invitante V! Tanto per stare in tema di triangoli. Inconfondibilmente Amis.

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