Roma - Il premier Silvio Berlusconi ha annunciato con una telefonata al presidente Napolitano e poi con una a quello americano Barack Obama che l’Italia ha deciso di rispondere positivamente all’appello lanciato agli alleati dal segretario generale della Nato lo scorso 14 aprile per aumentare l’efficacia della missione intrapresa in Libia. L’Italia ha dunque deciso di «aumentare la flessibilità operativa dei propri velivoli con azioni mirate contro specifici obiettivi militari selezionati sul territorio libico, nell’intento di contribuire a proteggere la popolazione libica».
In pratica, questo si traduce nella disponibilità italiana a partecipare a bombardamenti in Libia, fino ad oggi negata. Il ministro degli Esteri Franco Frattini ha spiegato che la decisione è conseguente anche a una richiesta venuta dai vertici del Consiglio nazionale di transizione libico. Il capo del Cnt di Bengasi, Mustafa Abdul Jalil «è venuto a Roma - ha detto Frattini - e ci ha detto “noi chiediamo all’Italia un impegno più grande”: è evidente che sentito dire dai libici, questo ha un effetto importante».
Questa decisione ha però provocato reazioni critiche anche all’interno del nostro governo, in particolare da parte della Lega Nord. Il ministro Roberto Calderoli e il viceministro Roberto Castelli hanno espresso aperta contrarietà, sostenendo che la Lega «è contraria a qualsiasi intervento con l’uso della forza in Libia che possa coinvolgere dei civili. L’Italia ha già fatto quello che doveva fare, senza avere nulla in cambio sul fronte della immigrazione».
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