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«Andà a stondéra» per vie e vicoli sconosciuti

Giorgio Caprotti

Milano è la grande città laboriosa cui ci si affeziona, con un amore tenero istintivo riconoscente. Non è un amante vistosa ed erompente come Roma o Firenze, con cui ci si diverte agli occhi di tutti ma è come una moglie discreta con le virtù che conosci solo tu. Le vai scoprendo via via e più se ne scoprono più ci si affeziona. E sono qualità rare convincenti e avvincenti che legano teneramente con un affetto sempre presente.
Questo era anche il parere di Indro Montanelli, nei discorsi della pacata amicizia che ci legava, quando mi diceva, lasciandomi in un certo imbarazzo: «Chiamami Indro».

E non c’è cosa migliore in certi momenti, per conoscere meglio questa decantata città, che il girare distrattamente (l’andà a stondéra, leggi andà a stondéra) per quelle vie di Milano che ancora non si conoscono bene per far scattare in mente quelle diapositive cerebrali poi da rievocare con gli amici. Vie e vicoli, strani e curiosi, nascosti nelle pieghe di questa aggrovigliata città: ce ne sono sempre di poco conosciuti e vien da chiedersi il perché portino certi nomi.

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