Al Museo Rovati la fascinazione dell’arte del ’900 per gli etruschi

Nuova mostra fino ad agosto

Al Museo Rovati la fascinazione dell’arte del ’900 per gli etruschi
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Entrare alla Fondazione Luigi Rovati, in corso Venezia, è ogni volta un'emozione: per questa ArtWeek, il museo propone una mostra in collaborazione con il Mart di Rovereto. S'intitola «Etruschi del Novecento» ed è curata da Lucia Mannini, Anna Mazzanti, Giulio Paolucci e Alessandra Tiddia (fino al 3/8).

Reperti archeologici e pezzi d'arte moderna e contemporanea dialogano con documenti, libri e riviste, testimonianza di un interesse sempre crescente durante il Novecento per l'arte e la cultura etrusca. Già agli inizi del secolo, nel 1916, la scoperta dell'Apollo di Veio e l'avvio dei vari scavi hanno risvegliato la curiosità verso questo popolo affascinante: tra i primi a essere sedotti dallo stile etrusco che, a differenza di quello greco, non persegue la perfezione ma l'espressività, ci sono i futuristi. La fortuna degli Etruschi si consolida poi col tempo: a metà del Novecento nascono le cattedre di Etruscologia nelle nostre università e negli anni Ottanta fioriscono le pubblicazioni. Persino riviste come «Epoca» mettevano i sorrisi enigmatici e i profili etruschi in prima pagina: un artista eclettico come Alighiero Boetti ne resta colpito e sul tema realizza Copertine, opera inedita della collezione della Fondazione. La vediamo al piano nobile, dopo aver attraversato la Sala Warhol trasformata in suggestivo centro di documentazione tra volumi e manifesti ispirati alle tante mostre dedicate agli Etruschi. Ma è dal piano ipogeo che vi consigliamo di iniziare la visita: il «Leone Urlante» di Mirko Basaldella, del '57, è la «chimera novecentesca» che ci accoglie all'ingresso.

Si procede tra le teche con i vasi di Fausto Melotti, geniale rilettura del «design etrusco», mentre gli «askoi», antichi vasi per liquidi oleosi, dialogano con pezzi straordinari realizzati da Gio Ponti negli anni Venti.

Tra i volti di terracotta (stupefacente la testa di Bellerofonte) sono posizionati in un'efficace caccia al tesoro tra antico e moderno i ritratti di Dino Basaldella e Arturo Martini, a dimostrazione di quanto il dialogo tra archeologia e arte moderna possa essere intenso e fecondo.

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