"Ostaggi liberi e cessate il fuoco". Israele non apre il padiglione alla Biennale

Padiglione di Israele chiuso alla Biennale di Venezia: la decisione per protestare contro il tentativo di boicotaggio culturale, per chiedere il cessate il fuoco e la liberazione degli ostaggi

"Ostaggi liberi e cessate il fuoco". Israele non apre il padiglione alla Biennale
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Alla Biennale di Venezia, il padiglione di Israele non aprirà per decisione dell'artista Ruth Patir. O meglio, non aprirà "sino a che non sarà pattuito un cessate il fuoco e non saranno liberati gli ostaggi". Sono centinaia gli israeliani ancora nelle mani di Hamas dopo l'assalto dl 7 ottobre e quello di Patir vuol essere un gesto simbolico, una "scelta di solidarietà con le famiglie degli ostaggi e la grande comunità di Israele che chiede un cambiamento". La decisione è stata assunta insieme alle curatrici della mostra, Tamar Margalit e Mira Lapidot. Nei giorni scorsi erano state numerose le manifestazioni dei pro-Palestina che chiedevano il blocco del padiglione. L'annuncio è stato dato con un semplice cartello affisso al vetro del padiglione.

"Noi (Tamar, Mira e io) siamo diventati la notizia, non l'arte. E se mi viene dato un palcoscenico così straordinario, voglio farlo valere", ha scritto successivamente Patir in una nota condivisa sul suo profilo Instagram. La decisione è probabilmente anche figlia delle minacce subite dai manifestanti pro-Palestina e dal rischio di un boicotaggio in caso di apertura. Un rischio concreto, come hanno dimostrato i tentativi messi in campo durante la Fiera dell'oro di Vicenza contro il padiglione israeliano. "Mi oppongo fermamente al boicottaggio culturale, ma poiché sento che non ci sono risposte giuste, e posso fare solo quello che posso con lo spazio che ho, preferisco alzare la voce con coloro con cui sto nel loro grido, cessate il fuoco ora, riportate indietro le persone dalla prigionia", ha scritto l'artista.

"Non ce la facciamo più", è la conclusione di Patir, che racchiude il sentimento degli israeliani, ma anche dei palestinesi, per una guerra che si trascina dallo scorso 7 ottobre, quando i miliziani di Hamas, con un'azione terroristica organizzata, hanno fatto irruzione in Israele prendendo di mira i festival musicali e i kibbutz. È stata una carneficina, una fiera degli orrori che a solo a raccontarla accappona la pelle. Il bilancio è stato di oltre un migliaio di morti e di centinaia di ostaggi, alcuni dei quali morti tra le mani di Hamas.

La rappresaglia di Israele è stata, e continua a essere, implacabile e non si fermerà, ha dichiarato Benjamin Netanyahu, fino a quando l'organizzazione di Hamas non sarà stata debellata e anche il suo ultimo miliziano fermato. Intanto si prosegue con il lavoro della diplomazia per ottenere il cessate il fioco e la liberazione degli ostaggi, di quelli che ancora sono vivi.

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