Il trionfo del colore e dell’assoluto dell’arte, dove forme e segni si perdono nello spazio della tela. Questo è ciò che attende i visitatori alla mostra organizzata dalla Fondazione Louis Vuitton a Parigi, dove fino al 2 aprile 2024 saranno esposte ben 115 opere del maestro Mark Rothko. Figura di primaria importanza del mondo della pittura negli Stati Uniti del secolo scorso, l’artista è famoso per la sua singolare e quasi paradossale capacità di esprimere le “emozioni basilari degli esseri umani” tramite rappresentazioni astratte, dando loro una dimensione eterna e universale.
Nato nel 1903 a Dwinks, nel territorio lettone dell’Impero russo, Markus Yakovlevich Rothkowitz è figlio di una coppia di colti genitori di religione ebraica. Da giovane frequenta una scuola talmudica, per poi trasferirsi con la famiglia a Portland (Oregon) nel 1913. Studente brillante della prestigiosa università di Yale, nel 1923 abbandona gli studi e si sposta a New York, dove scopre la sua vocazione artistica e si unisce alla Art Students League. Diventa ufficialmente cittadino americano nel 1938 e adotta il nome “Mark Rothko” due anni dopo.
La mostra, organizzata in ordine cronologico, si apre con la prima fase della sua produzione artistica, risalente agli anni ’30 e influenzata dalla corrente di pittura figurativa. Tra le opere di questo periodo vi è l’unico autoritratto del maestro. Per il passaggio all’astrattismo che connota la maggior parte dei lavori di Mark Rothko bisogna attendere la seconda metà degli anni ’40. Nella prima parte del decennio, infatti, l’artista si dedica alla scrittura di un manoscritto, pubblicato postumo con il titolo La realtà dell’artista, poiché convinto di non poter rappresentare la figura umana senza “mutilarla”.
Tra il 1946 e il 1948 Mark Rothko vira in modo deciso verso il suo stile “classico”, che raggiunge la piena maturazione nei primi anni ’50: due o tre forme rettangolari dai contorni poco definiti e sovrapposte, in un miscuglio di colori che dona alle tele la capacità di stregare lo spettatore, avvolgendolo in un’infinità di sfumature e tonalità. Una serie di opere che, per stessa ammissione dell’autore, non vogliono trasmettere serenità: “Ho imprigionato la più assoluta violenza in ogni centimetro quadrato della loro superfice”.
Nel periodo successivo, la palette diventa più scura, dando un tono più meditativo al suo lavoro che culmina nella produzione degli anni ’60, quando il maestro raggiunge il picco della struttura e della complessità dell’armonia cromatica.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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