Atlete, l'importante è essere belle

Sport e bellezza, sono una coppia sempre più indissolubile. Oggi lo sport è spettacolo, ma uno spettacolo ben diverso da quello del passato: c’è la pubblicità, il consumismo, il potere dell’immagine

Atlete, l'importante è essere belle

Non solo sport, ma anche bellezza e sensualità. Gli occhi del mondo saranno tra breve puntati su Pechino per guardare i giochi olimpici, per capire se la politica rimarrà lontana dallo sport, per sapere quanto i diritti civili in una società che ignora persino il significato di questa parola possano diventare un’esigenza non più differibile, per osservare come i capricci del clima consentiranno lo sviluppo regolare delle gare.

Un faro acceso, così potente, puntato sulla capitale cinese, è un’occasione da non perdere per mettersi in mostra. Con un po’ di malizia, sono convinto che le atlete donne cureranno molto il look. La bravura sarà importante nell’attirare l’attenzione, ma poi lo sguardo dello spettatore scivolerà sulle forme del corpo: agonismo e bellezza.
Un binomio antico come la nostra cultura, come la nostra storia che ha nei Giochi olimpici un capitolo fondamentale. Soltanto che a vivere in questa dualità, composta dall’abilità e da corpi scultorei, erano una volta i maschi con le presumibili varianti omosessuali. Adesso l’atleta bello non fa notizia, mentre la donna bella sprigiona una carica sensuale che difficilmente si può relegare in secondo piano.

Insomma, solo con molta ipocrisia si potrà dire: non è importante che sia bella ma che sia brava. Cosa, poi, analoga per ipocrisia a quell’altra affermazione che dice: è importante essere belli dentro, non belli fuori. Che è una notoria idiozia. Essere moralmente, interiormente, persone valide è cosa buona e giusta, ma ciò non esclude il grande potere seduttivo della bellezza. Identico è il discorso per l’atleta: certo, lei gareggia per vincere una medaglia, ma se la propria bellezza strappa qualche buon contratto per l’uso della propria immagine, anche questa è una medaglia.

D’altra parte, osservate come entra sul campo di tennis la Sharapova, il vestitino che usa, come si muove, le pose che assume, sapendo perfettamente che molti la stanno guardando non per come schiaccia una palla sotto rete ma per come agita il fondoschiena. E la Pellegrini, la Manaudou? Bellezze formidabili: brave, ma soprattutto belle. Comunque, consapevoli che la bellezza questa volta si prende la rivincita sul trascorrere del tempo. Non si dice generalmente che la bellezza del corpo è effimera, che passa rapidamente con gli anni? Vero, ma altrettanto vero è che le alte prestazioni competitive svaniscono molto più velocemente della bellezza. In questa gara di durata, la bellezza del corpo vince le capacità atletiche del corpo.
Vi ricordate le donne della Germania Est o le sovietiche? Grosse e pelose, femminilità uguale a zero. Altri tempi. Ci saranno anche oggi lanciatrici del peso e del disco di considerevole stazza, ma sono casi senza interesse.

Oggi lo sport è spettacolo, ma uno spettacolo ben diverso da quello del passato: c’è la pubblicità, il consumismo, il potere dell’immagine. E poi una tv che ha bisogno di frugare, di trovare, di scoprire il lato nascosto, di creare, se possibile, scandalo. E le atlete lo sanno. Sono perfettamente consapevoli che oltre a quelle della pista, dei campi e delle piscine ci sono le gare in cui si esibisce la propria immagine e potrà diventare un ottimo affare negli anni a venire. Sconsolante? Degradazione dello sport a esibizione dell’effimero? Sono moralismi.

Dovremmo forse rallegrarci per quei velocisti neri che a Città del Messico sul podio della premiazione tennero il pugno alzato? Oppure dell’impresa dell’atleta che nelle dichiarazioni trasforma la propria vittoria in una conquista della politica sociale del suo paese?
Lo sport è immortale perché è un simbolo del mondo: in esso è racchiuso tutto il senso della nostra vita. Vogliamo lasciarci fuori proprio la bellezza femminile?

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