Morto a 94 anni, Walter Pedullà è stato un punto di riferimento per generazioni di studenti di letteratura italiana e non solo a Roma, dove ha insegnato per decenni alla Sapienza. Alto, imponente e sanguigno, era nato a Siderno nel 1930. Assistente di Giacomo Debenedetti dal ’58 al ’67, è stato il critico letterario dell’Avanti! prima e dopo gli anni ruggenti del craxismo e può essere considerato uno degli ultimi professori in grado di far sentire la propria voce al di fuori dell’orto chiuso dell’accademia. È stato anche, dal febbraio ’92 al luglio ’93, presidente della Rai. Da recensore, invitava a scendere a patti con quella che ormai, seguendo Simonetti, si suole chiamare letteratura circostante: «Il critico militante ha il dovere di essere giudizioso, ma, se cerca solo grandi opere, cambi mestiere». Come altri intellettuali di matrice progressista, Pedullà privilegiava i romanzi circonfusi di umorismo, purché innervati da sostanziose psicopatologie e materiati in una prosa increspata, irriverente e al limite monellesca, un filtro che gli ha consentito di individuare e, spesso, canonizzare autori imprescindibili. Confermato il ruolo di stelle polari di Svevo, Gadda e Moravia, ha saputo circondarli con una pleiade di scrittori notevolissimi: Palazzeschi, Savinio, Delfini, Landolfi, Manganelli e Malerba, oggi “in crescita” anche grazie a lui; D’Arrigo, forse il suo autore-feticcio; Pizzuto e Bonaviri, indagati attraverso una lente meticolosa e scintillanti metafore chiarificatrici. In anni ideologizzati spalleggiò Pasolini quando questi aggredì Alfredo Cattabiani, reo di voler rinnovare la cultura di destra attraverso il catalogo della Rusconi, arrivando a invocare un «cordone sanitario». Tuttavia la mancanza di oltranzismo gli consentì di avvicinare senza pregiudizi la letteratura futurista e vociana, e di impedire che finisse nel dimenticatoio. La simpatia, poi, che provava per le avanguardie - e per la meno attraente neoavanguardia - gli permise di promuovere autori essenziali(come Dossi) che ne anticipavano lo spirito caustico.
Ottimista a dispetto della sua lucidità nel riconoscere la crisi, Pedullà non ha mai sopportato gli apocalittici, i Citati sempre benevoli verso gli autori del passato e sempre spietati verso quelli del presente, gioco al massacro che affretta il declino: meglio lo scrittore che scrive per mangiare «che non tutto il sublime di cartapesta che rimbomba sui giornali». Un suo aforisma, che ben si adatta alla condizione nella quale viviamo, suona così: «Tutto è superato, nulla è falso, ma sarebbe fantastico avere ora una bella scoperta, magari non scientifica».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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