Caro Stefano,
la ragazza di cui scrivi è nera, sì, indiscutibilmente nera, direi nerissima, ed è nigeriana, ovvero immigrata. Noi non abbiamo nulla né contro chi è nero né contro chi è extracomunitario, quantunque si tenti di alimentare gli stereotipi della destra fascista e degli italiani razzisti. Affermare il principio irrinunciabile, ribadito dalla premier Giorgia Meloni, che in Italia si può entrare soltanto legalmente non costituisce sintomo di razzismo, trattasi di amore della legalità e di buon governo.
Questa giovane immigrata, il cui nome è Angela Isaac, vive a Catania da sei anni e ha un bambino di due. Da un anno circa lavora presso un bar ed è da quella postazione che qualche giorno fa ha visto un motociclista trascinato dalla furia della corrente. Senza pensarci su due volte, la donna si è gettata in acqua, rischiando la pelle, e con tutte le sue forze ha afferrato e trascinato l'uomo all'interno del locale, mettendolo in salvo. Purtroppo la ragazza ha perso il telefonino durante il salvataggio. E sarei lieto di regalarglielo io stesso, in quanto ella ha compiuto non soltanto un atto coraggioso ed umano ma anche un servizio civile in favore della collettività. Ecco perché ritengo che le vada riconosciuta immediatamente la cittadinanza italiana, di cui si è dimostrata degna e meritevole. Angela Isaac, che parla perfettamente la nostra lingua, è parte integrante della nostra comunità, del nostro popolo, rispetta le norme del nostro ordinamento, ne condivide i valori fondativi, lavora, paga le tasse, non se ne va a zonzo armata di coltello e non aggredisce passanti e agenti di polizia, non stupra, non ruba, non delinque. Ella rappresenta la parte migliore della comunità di immigrati che abita il Bel Paese, una parte che gli italiani accolgono e verso la quale non manifestano alcun segno di insofferenza, intolleranza e discriminazione, ma genuini sentimenti di rispetto, solidarietà e amicizia.
Per quanto riguarda coloro che si sono limitati ad osservare indifferenti la scena, restandosene all'asciutto, e documentando con il proprio smartphone quanto stava accadendo, ovvero il potenziale annegamento di un essere umano in balìa delle acque, cosa dire? Ti stupisci? Ormai è costume imperante. I telefonini ci hanno rincretiniti. Filmiamo qualsiasi cosa per poi «condividerla» sui social network. «Condividere» è il verbo della generosità, dell'altruismo, dell'amore verso il prossimo, ma ne abbiamo stravolto e distorto il significato.
È l'apoteosi dell'indifferenza: la morte violenta e tragica di un uomo diviene show da dare in pasto al pubblico social con l'attesa di beccare un mi piace e non suscita alcunché. Nemmeno fossimo al cinema. Devo ammettere che mi fa orrore un mondo così.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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