Caro Ignazio,
sono valutazioni che io stesso sto compiendo in questi giorni poiché mi accorgo che sono dominanti questi argomenti su tutti i giornali. Non ritengo che non dobbiamo prestare attenzione a quello che avviene a livello planetario, ma che l'informazione riguardo la politica estera non dovrebbe prendere il sopravvento sugli affari interni, traducendosi quindi tutto ciò in un atteggiamento di trascuratezza verso quello che accade all'interno dei nostri confini e che ci coinvolge da vicino. Tuttavia devo compiere una puntualizzazione doverosa: in un sistema come quello attuale, fortemente globalizzato, è difficile distinguere ciò che ci riguarda da ciò che non ci riguarda. Forse non è una scrematura sempre possibile. Le sorti dei popoli, infatti, sono legate da trame sottili e inestricabili. Possiamo forse affermare che il conflitto tra Russia e Ucraina, il cui teatro è il cuore della nostra Europa, non produca effetti diretti sulle nostre economie e non soltanto su queste? Anche la guerra tra Israele e Hamas ha ripercussioni sulle nostre società, sul nostro stile di vita, sulla nostra sicurezza. Pensiamo all'aumento degli episodi di violenza contro gli ebrei, alle manifestazioni che nei mesi scorsi hanno infiammato le nostre strade e piazze, alla crescita degli attacchi con il coltello che stanno avendo luogo più o meno quotidianamente in Germania, in Francia, in Inghilterra e i cui autori dichiarano di agire in nome di Allah e in difesa del popolo palestinese. Anche le liste di proscrizione stilate dal nuovo Partito comunista sono il riflesso di una situazione internazionale incandescente. Chi le ha vergate e pubblicate sul web dichiara odio al governo italiano, a imprenditori, politici, intellettuali, giornalisti accusati di essere nemici dei palestinesi e amici dei sionisti.
Insomma, caro Ignazio, scriviamo di esteri perché quello che succede al di fuori delle nostre frontiere non è qualcosa che non si riverbera sulle nostre esistenze. E il cittadino deve aggiornarsi, deve conoscere, deve sapere, deve capire. Deve essere informato. Poi egli potrà pure sorvolare, girare pagina, cambiare canale davanti alle crude e sanguinose immagini della guerra, ma è nostro compito mettergli sotto il naso e davanti agli occhi tutto questo.
Io stesso - lo confesso - spesso provo un senso di noia a causa della insistenza con la quale ci vengono propinate e somministrate certe notizie. Diciamo che la stampa, in generale, tende ad appiattirsi, ad omogeneizzarsi, a divenire ripetitiva e moscia, una tendenza che ha preso piede in particolare con la pandemia, ma che nasce dalla diffusione dei social network, che hanno reso sia il lettore che il giornalista alquanto pigri.
Sui quotidiani manca il costume. Mancano le tematiche che danno respiro, che incuriosiscono, che colpiscono, che fanno riflettere e - perché no? - anche sorridere. E io credo proprio che sia questo a mancarti. Manca pure a me.
Dunque il vero problema non è quanto spazio viene dedicato a ciò che succede negli USA, nell'America latina, in Medio Oriente, in Ucraina, ma quanto poco spazio venga riservato a ciò che succede in casa nostra, salvo poi concentrarsi su sterili e provinciali polemicucce: quanto costa a notte soggiornare nel resort dove la premier trascorre le vacanze, la separazione tra il ministro Lollobrigida e Arianna Meloni e quella tra Giorgia e Giambruno, per quale motivo la premier non posta nulla sui social da 24 ore e robaccia simile, la criminalizzazione dell'eurodeputato Vannacci a causa di qualsiasi parola egli proferisca e la questione, del tutto irrilevante, dello ius scholae, che non serve proprio a nessuno.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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