Di un certo femminismo non ne possono più neppure i giovani della generazione Z, e fa riflettere, visto che ci sono praticamente nati. Forse perché sono nati maschi e si sentono ripetere che essere maschi è una colpa, non sanno più come approcciarsi all'altro sesso (e neppure come parlarci, visto che ogni approccio è sbagliato).
Tanto per citare un esempio: secondo un sondaggio Ipsos per il King's College di Londra il 16% dei giovani pensa che il femminismo ha fatto più male che bene (tra gli over 60 sono il 13%), e nel sondaggio c'è pure un dato (del male): un quinto di loro guarda positivamente all'ex kickboxer Andrew Tate, ora influencer con otto milioni di follower, che non è proprio un bel tipino, visto che ha una serie di accuse da organizzatore di bande criminali per
sfruttare le donne a vari stupri e si vanta di essere assolutamente misogino. È significativo perché questo è il risultato di un estremismo culturale femminista che viviamo anche noi (ma l'intero Occidente da anni), e che produce insofferenza o addirittura attrazione verso modelli discutibili come Tate.
Insomma, alla fine se ogni cosa che fai è patriarcale, se ogni cosa che dici è patriarcale, se ogni cosa che pensi è «maschilismo tossico», capisci che più che una liberazione della donna è un attacco verso la stessa idea di maschio (in fondo è sessismo), e danneggi le stesse donne che il femminismo vorrebbe rappresentare, sostituendo al cervello i gameti. Tra l'altro mi vengono in mente i vari appelli rivolti agli uomini perché scendessero in piazza contro il femminicidio, lo slogan: «Uomini, siamo noi il problema».
Ma davvero? Il problema è essere maschi? Però non stupitevi se poi c'è chi prende a modello dei veri maschilisti pericolosi:a forza di colpevolizzare il maschio, perfino i giovani, molte ragazze incluse, si sono rotti le palle.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.