Siamo così vicini al Gay Pride di Bergamo Bèrghem, terra di bestemmie sfarzose, di polenta e cünì, di Madonne e culatùn che ogni anno, da anni, riceviamo l'invito a parteciparvi. Purtroppo abbiamo sempre altri impegni.
E così anche l'invito per il prossimo 15 giugno è arrivato, via WhatsApp, puntuale come la battuta frocia in un film di Özpetek. E fino a qui, tutto anormale.
Ciò che però ci ha incuriosito questa volta è che nel messaggio di «Bergamo Pride» si comunica che nella piazza «non saranno tollerate bandiere israeliane o inneggianti alla simbologia connessa allo Stato di Israele». E, per di più, come forma di disconoscimento sprezzante, la parola «Israele» è scritta con il punto esclamativo al posto della «I» e con la «e» rovesciata.
Non sappiamo se tale raccomandazione arrivi solo dal Gay Pride di Bergamo o da tutti i Gay Pride d'Italia. Da giornalisti scrupolosi non abbiamo verificato.
Quello che colpisce, però, è la crociata della sinistra fricchettona e radicale contro l'unico Stato del Medioriente in cui i gay possono sfilare in pace. Che strano. Fossimo un giornalaccio di estrema destra titoleremmo: «Ai gay fanno schifo gli ebrei».
Invece diremo solo che a fare la gara a discriminare, alla fine c'è sempre uno più discriminato che ti discrimina.Estremismo per estremismo, voi andate pure in piazza con le guêpière di Capucine. Noi andremo al convento dei frati Cappuccini in città. Alla Veglia di preghiera in riparazione del Gay Pride.
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