I dati si perdono, le emozioni restano

I dati si perdono, le emozioni restano

Caro Feltri,
una persona comune spreca una quarantina di giorni all'anno per rimediare alle cose che dimentica. Ogni giorno che passa le cose da ricordare aumentano: nomi, password, appuntamenti. Siamo bombardati da nuove informazioni ma il nostro cervello riesce a conservarne solo una minima parte: la memoria è sempre stata importante e il suo allenamento dovrebbe essere considerato formativo per il carattere. Con l'avvento della stampa diventò sempre meno importante ricordare ciò che la pagina stampata poteva ricordare al posto della memoria umana. Nel passato la memoria era il fondamento della cultura, ma gradualmente è stata soppiantata da un'infinità di supporti esterni. Se la memoria è il mezzo con cui conserviamo quello che consideriamo prezioso, essa è legata alla nostra transitorietà. I nostri ricordi muoiono insieme a noi: l'elaborato sistema di memorie esterne è un modo per eludere la mortalità. Un tempo ci si sforzava per riempire di dati la propria mente, oggi la stragrande maggioranza si fida poco o nulla della propria memoria e trova un'infinità di scorciatoie al fine di non dovervi ricorrere, ma nessuna memoria esterna ha mai prodotto una battuta, un'invenzione, un'intuizione o un'opera d'arte che durino nel tempo. Le scuole inculcano nella testa degli studenti enormi quantità di informazioni senza però insegnare come conservarle. Il cervello è un muscolo e l'addestramento mnemonico è una forma di allenamento mentale: secondo gli oratori dell'antica Roma era uno strumento ideale per sviluppare nuove idee. In un'epoca in cui il ruolo della memoria perde sempre più valore dobbiamo coltivare la nostra capacità di ricordare. Sono i nostri ricordi, la capacità di cogliere il lato ironico della vita, di stabilire legami tra concetti separati a renderci quello che siamo, la sede dei nostri valori e la fonte della nostra personalità.
Mauro Luglio

Caro Mauro,
ho apprezzato molto le tue riflessioni riguardo la memoria e, in particolare, il concetto fondamentale che esprimi e che mi permetto di sintetizzare in questa maniera: la memoria esterna ci dà l'illusione forse di potere sfuggire alla morte, ovvero l'illusione dell'immortalità, in quanto quello che ingloba permane, ma, in verità, soltanto ciò che nasce dallo sforzo della memoria, che non può venirci sottratto, è e rimane eterno, come un'opera d'arte, un libro, una musica, qualcosa che tragga origine dall'ingegno e dalla creatività dell'essere umano, quindi dalla capacità di quest'ultimo di mettere insieme i ricordi, ossia le memorie delle sue esperienze. Siamo convinti che tutto quello che è artificiale sia in qualche modo migliore, ma ne siamo davvero sicuri? È vero, immagazziniamo e archiviamo molti dati, diciamo pure infiniti, nei nostri computer, telefonini, smartphone, tablet, ma a volte ho l'impressione che questa mole di informazioni non sia poi così al sicuro. Basterebbe un nonnulla per cancellare tutto, un semplice click, un blackout globale. E a noi cosa resterebbe?

Soltanto quello che viene scritto, appuntato sul foglio di carta, può durare. Lo scopro quando ritrovo nei miei cassetti vecchie pagine di giornale, o cartoline, o lettere, o bigliettini, o fotografie, non di quelle digitali che si fanno a iosa oggigiorno e per il semplice gusto di apparire, cose conservate e dimenticate lì per anni, o decenni, eppure pronte a riaffiorare dai meandri della memoria, facendoci sussultare e palpitare. Intanto i messaggi che ci arrivano sui telefonini nonché le email si uniscono ad una massa informe di comunicazione sterili e vacue, di cui non resterà traccia né nella nostra mente né nei nostri cuori.

Insomma, cosa è davvero destinato a durare? Quello che memorizziamo, che immortaliamo e stampiamo nella nostra memoria, diresti tu. Non hai tutti i torti, io ricordo poesie appresse alle elementari, proverbi, motti in latino e roba simile, che una volta i maestri ci obbligavano a fissare nella testa, facendoci del bene, in quanto quell'allenamento mentale ci ha resi più propensi a memorizzare, come tu sostieni. Tuttavia, la risposta sarebbe insufficiente, incompleta, non esaustiva.

Dopo oltre ottant'anni di vita posso affermare che è destinato a durare e a sopravvivere anche nella nostra memoria, la quale è selettiva e butta via l'inutile, soltanto quello che ci ha emozionati, nel bene e nel male. Un sorriso, uno sguardo, una frase, due mani che si stringono nei sedili posteriori di una macchina, una giornata speciale trascorsa con qualcuno per noi importante, o una passata in compagnia di noi stessi nella quale abbiamo compreso qualcosa di importante, gli attimi di felicità, la nascita di un figlio, la morte di una persona cara, una vittoria, una sconfitta, un bacio, il primo, l'ultimo, un dolore o una delusione che ci ha spezzato e straziato il cuore, ciò che poi lo ha fatto battere ancora, più forte di prima, le cadute, quel momento in cui ci siamo rialzati e quello in cui ce l'abbiamo fatta, ancora una volta, nonostante le difficoltà. Tutto il resto si perde. Tutto il resto non conta poi così tanto.

Tutto il resto non dura.

Esiste forse una memoria del cervello. E poi esiste una memoria dell'anima, ancora più resistente. E nessuna intelligenza artificiale potrà mai supplirla o soppiantarla. I dati si perdono. Le emozioni permangono.

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