Da poche settimane è stata ufficialmente presentata la candidatura della cucina italiana come patrimonio dell'umanità tutelato dall'UNESCO, proprio come si trattasse di un celebre monumento o di un'opera d'arte.
L'incredibile ricchezza, storia e varietà delle nostre tradizioni alimentari rendono la cucina del Bel Paese un inestimabile tesoro che non solo va promosso ma anche e soprattutto tutelato e preservato.
Non solo all'estero, dove fenomeni subdoli come l'Italian Sounding danneggiano e sfalsano ricette e prodotti agroalimentari italiani.
Purtroppo anche in patria ormai da troppi anni si sta assistendo ad un vero e proprio processo di "turistificazione" della nostra cucina, in un'ottica di asservimento dell'enogastronomia italica ai gusti, alle aspettative ma anche ai pregiudizi di un turismo estero di massa che ancora non si è riusciti a gestire nella maniera corretta.
Un fenomeno che riguarda soprattutto grandi città d'arte come Roma, Venezia, Firenze , Napoli solo per citarne alcune.
Luoghi simbolo e iconici entrati nell'immaginario comune dei turisti stranieri. Nessuna parte del nostro territorio nazionale ne è però esclusa.
Ogni anno assistiamo ad un vero e proprio assalto da parte di milioni di viaggiatori giunti da tutti il mondo per un turismo mordi e fuggi che non permette loro di comprendere per davvero la vera anima di tali località ma anzi la snatura è a volte la danneggia.
Un ampia fetta di turisti stranieri arriva in Italia con viaggi organizzati in pacchetti preconfezionati nei quali è prevista la visita di due o tre famosi monumenti ignorando poi tutto il resto.
Questo porta in luoghi splendidi come Venezia ad avere intere zone estremamente turistiche affollatissime se non proprio congestionate dalla folla, mentre il resto della città è desolantemente deserto.
Non solo.
I visitatori stranieri arrivano da noi anche con un'idea preconfezionata di ciò che si mangia sulle nostre tavole. Sono focalizzati principalmente su piatti italiani già molto celebri all'estero ma che rappresentano solo una minima parte di ciò che si può ( o potrebbe) trovare nel nostro
Paese.
Per accontentare le aspettative e i palati dei turisti, moltissimi esercenti concentrano quindi la loro offerta nei piatti più famosi e amati Oltreoceano e Oltralpe.
Senza differenze di latitudine tutti si accalcano a proporre menù tipici e turistici in cui fanno capolino pasta alla carbonara, lasagne e spaghetti alla bolognese, delocalizzando, destagionalizzando e alterando le tradizioni mangerecce di una gran parte dello Stivale.
Gli spaghetti alla bolognese sono un caso emblematico.
Amatissimi, conosciutissimi da New York a Tokyo, sono uno degli cibi più popolari al mondo.
Peccato che nella natia Bologna non sia proprio così.
Se il ragù è un antico e autentico vanto della città delle Due Torri, mangiarlo con gli spaghetti per un bolognese doc sarebbe davvero una forzatura se non proprio un sacrilegio.
La versione originale prevede infatti che ci si condiscano le tagliatelle, altro orgoglio della cucina emiliana.
All'estero però la moda di mangiare gli spaghetti al ragù è a tal punto consolidata da creare l'incontrovertibile convinzione che sia essa la ricetta originale.
Molti nostri compatrioti gestori di ristoranti e trattorie si sono quindi adeguati inserendo gli spaghetti nel proprio menù ed esaltandone la tipicità e tradizionalità.
Oramai è divenuta consuetudine anche da noi e persino a Bologna stessa!
Se da una parte vengono modificate le ricette per andare incontro ai gusti forestieri ( in alcune posti fanno persino la carbonara con la panna) dall'altra pietanze e piatti antichissimi rischiano di scomparire perché non apprezzati dai turisti che a volte anzi ne son addirittura disgustati.
La lista è lunga, minestre, zuppe, trippe e altri piatti a base di frattaglie o di carni come quella equina ed ovina spesso considerate aliene ed immangiabili da molti stranieri, formaggi troppo "profumati" e molto altro ancora.
Alcuni di questi un tempo diffusissimi in certi casi stanno divenendo una rarità, appannaggio delle ultime vere trattorie e osterie tipiche in zone ormai turisticizzate fino all'inverosimile.
Mi auguro che il riconoscimento UNESCO possa portare all'attuazione di iniziative volte a limitare i danni del turismo di massa sconsiderato e che possa invece essere di stimolo per promuovere, valorizzare e proteggere tutte quelle delizie ancora poco note della nostra fantastica e preziosa cucina italiana.
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