I piatti famosi del mondo in cui batte un cuore italiano

La baguette? Altro che francese..le sue origini sono toscane! La New York Cheesecake? Una torta che parla napoletano. Sono moltissimi i piatti stranieri che nascondono un'origine tutta italiana

I piatti famosi del mondo in cui batte un cuore italiano

L’Italia non è solo la patria della pizza, della pasta e del gelato. La sua eredità gastronomica ha viaggiato oltre i confini, mescolandosi con culture lontane e dando vita a piatti iconici che il mondo intero ama, spesso senza sapere che nascondono radici italiane. Questa storia inizia con gli emigranti che, tra Ottocento e Novecento, portarono con sé ricette, tecniche e passione, adattandole agli ingredienti e ai gusti locali. Il risultato? Creazioni diventate simboli di altre nazioni, ma figlie dell’ingegno italiano.

Prendiamo i celebri spagthetti con le polpette , una vera istituzione della cucina italo-americana. In Italia, nessuna nonna unirebbe mai polpette e pasta in un piatto unico: le prime erano un modo per riciclare gli avanzi, la seconda un alimento semplice, condito con aglio e olio. Oltreoceano, però, gli immigrati italiani, trovando carne a buon mercato, trasformarono le umili polpette in succulente palline, abbinandole alla pasta in salsa di pomodoro. Nacque così un mito, reso celebre dal cinema e dai ristoranti di Little Italy.

Anche la Caesar Salad, simbolo della cucina fusion, ha un’anima tutta italiana. Fu inventata a Tijuana, in Messico, negli anni ’20 da Cesare Cardini, un emigrato del Lago Maggiore. Durante il Proibizionismo, il suo ristorante attirava americani in cerca di divertimento. La leggenda racconta che, in una serata caotica, Cesare Cardini improvvisò un’insalata con gli avanzi della cucina: lattuga, crostini, parmigiano e una salsa a base di uova. Il nome “Caesar” deriva dalla pronuncia anglofona del suo nome, ma l’intuizione è tutta italiana, come l’amore per gli ingredienti freschi e semplici.

Non mancano i casi in cui un piatto italiano è stato reinterpretato oltreoceano fino a diventare irriconoscibile. Le "fettuccine Alfredo", ad esempio, sono un cult negli Stati Uniti, dove vengono servite con panna e aglio. Eppure, la ricetta originale nacque a Roma nel 1908, quando Alfredo Di Lelio creò delle semplici “fettuccine al burro” per alleviare le nausee della moglie incinta. La versione americana, resa celebre dalle star di Hollywood, è oggi più grassa e complessa, mentre in Italia rimane un piatto per bambini, quasi una reliquia domestica.

Persino la baguette francese dei cugini d'Oltralpe potrebbe avere un debito con l’Italia. Alcuni storici attribuiscono la sua origine ai panettieri toscani e piemontesi che, nel Seicento, seguirono Maria de’ Medici a Parigi.
Il pane lungo e croccante, simile a certe varietà italiane, si evolvette poi nella ricetta moderna, ma la tecnica di lievitazione lenta e la passione per la crosta dorata ricordano ancora le tradizioni contadine della Penisola.
Il viaggio continua con la "New York cheesecake", che deve la sua cremosità al cream cheese. Eppure, la sua antenata è la torta di ricotta del Sud Italia, tipica delle feste pasquali. Gli immigrati campani e siciliani a New York, non trovando ricotta di qualità, sostituirono l’ingrediente, aggiunsero una base di biscotti e inventarono un dolce che oggi è simbolo della Grande Mela.

La pastiera napoletana e la cheesecake americana sono così cugine lontane, divise dall’oceano ma unite da un’ispirazione comune. Spostandoci in Sud America, scopriamo che il "chimichurri argentino", salsa immancabile sulla carne alla griglia, potrebbe essere figlio di un equivoco linguistico. Si narra che un cuoco italiano, cercando di replicare il "salmoriglio" siciliano (una salsa a base di limone e erbe), abbia chiesto a un collega britannico di passargli il “mix”.
La parola, storpiata in “chimichurri”, diede nome a una creazione che unisce prezzemolo, aglio e aceto, mantenendo un’essenza mediterranea. Persino l’asado argentino, il celebre barbecue, deve qualcosa agli italiani.
Gli immigrati piemontesi e lombardi portarono tecniche di macellazione e una passione per la carne che influenzarono la cultura gaucha. La griglia argentina, con i suoi tagli e tempi di cottura, è un incontro tra la tradizione locale e il savoir-faire italiano.

Sempre in America Latina, che dire della "pizza brasiliana", farcita con ingredienti stravaganti come banana e cannella? Anche qui, c’è lo zampino degli immigrati italiani, soprattutto napoletani e veneti, che a inizio Novecento portarono a San Paolo la tradizione della pizza. I brasiliani ne fecero un’arte colorata e creativa, allontanandosi dalla semplicità dell’originale, ma conservando la tecnica dell’impasto e della cottura nel forno a legna.

Anche l’Ucraina nasconde un segreto italico: i "varenyky", ravioli ripieni di patate o frutta, hanno antenati nei ravioli*medievali veneziani. I mercanti della Serenissima, durante i loro viaggi in Europa dell’Est, introdussero la pasta ripiena, che si fuse con le tradizioni locali. Oggi, i varenyky sono un simbolo nazionale, ma il loro DNA è legato a doppio filo all'Italia.

Ancora negli Stati Uniti, la "pepperoni pizza", regina delle pizze americane, nasce da un malinteso. In Italia, il “pepperoni” non esiste: il salame piccante si chiama soppressata o salsiccia napoletana. Gli emigrati del Sud, per adattarsi ai gusti americani, crearono un salame più sottile e affumicato, battezzandolo con un nome che richiama il pepe (“pepper”). Oggi, è il topping più amato negli USA, anche se in Italia suscita qualche sorriso e malinteso.

Questa è la storia di un’Italia invisibile, fatta di ricette che hanno attraversato oceani, confini e generazioni, trasformandosi senza perdere la loro anima.

Ogni piatto racconta di adattamento, creatività e nostalgia, dimostrando che il cibo è un linguaggio universale, capace di unire culture lontane. E mentre il mondo assapora queste delizie “straniere”, rende inconsapevolmente omaggio alla genialità culinaria italiana.

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