
Sono solo 370mila, secondo il report Istat del 31 marzo, i nati in Italia nel 2024. Di fatto si tratta di diecimila neonati in meno rispetto all'anno precedente, ma se allarghiamo l'orizzonte a vent'anni fa il calo sale a 193mila. In poche parole, in un ventennio abbiamo perso più del totale dei nati che si registrano oggi in tutto il Nord Italia (171mila). Sarà anche vero che l'inverno demografico è stato ampiamente raccontato e non è più una novità però, guardando ai numeri, ci si rende conto di come stia avanzando veloce e imperterrito. Non sembra cosa da poco. Anche perché non sono affatto trascurabili le molte conseguenze che si andranno via via affacciando e consolidando per effetto delle trasformazioni che la popolazione italiana ha subìto ed è destinata ancor più a subire nei prossimi decenni. Si parla realisticamente di un minor peso demografico - e forse anche una minore autorevolezza - negli scenari internazionali; di un consistente calo della forza lavoro potenziale, per altro sempre più «anagraficamente matura»; di un aumento delle diverse componenti del carico sociale (pensioni, welfare, sanità); delle crescenti difficoltà nella gestione di una società che va invecchiando entro un contesto di risorse scarse e di reti familiari indebolite dalla rarefazione di alcune figure chiave (si pensi al caso dei fratelli).
Ci sono poi molti altri effetti, forse meno appariscenti, ma tutt'altro che trascurabili. Prendiamone, ad esempio, uno che da qualche tempo è entrato nel dibattito pubblico ed è alla base di scelte che saremo a breve chiamati a compiere: il potenziale difensivo del Paese. Viste le dinamiche demografiche in atto, se dovessimo dare impulso a un nostro esercito che sia italiano o europeo poco importa dove andremmo a prendere i necessari contingenti di soldati? Più di trent'anni fa quando la demografia iniziava a dar segni di malessere - ebbi modo di scrivere un libretto, «Meno italiani più problemi?» (Ed. Bariletti, 1990), in cui raccontavo le tendenze e le problematiche di una dinamica demografica che già allora invocava attenzione. In un paragrafo dal titolo provocatorio Un popolo sempre più indifeso si riprendeva una valutazione della Fondazione Agnelli - secondo cui le esigenze organiche delle Forze Armate richiedevano la coscrizione obbligatoria di circa 300mila effettivi - e già a quel tempo (1990), in cui l'obbligo di leva coinvolgeva oltre 450mila maschi diciannovenni, suonava lecito affermare che gli effettivi richiesti «potranno trovare riscontro nella disponibilità futura di leve giovanili solo per qualche anno. Col sopraggiungere del nuovo secolo, gli effetti della nuova realtà demografica finiranno con l'interessare anche il settore della difesa».
Ma oggi nel nuovo secolo ci siamo già spinti per un quarto e i maschi italiani diciannovenni sono scesi a 280mila. Se poi dovessimo proiettare nel tempo i corrispondenti nati del 2024 arriveremmo a una leva ipotetica di circa 190mila unità, dando per acquisiti alla cittadinanza anche i neonati stranieri. Il tutto in assenza della coscrizione obbligatoria degli anni '90, per altro solo modestamente compensata dall'allargamento al genere femminile. Non resta dunque che riprendere e riflettere su quelle che più di trent'anni fa erano le soluzioni tecniche volte a minimizzare l'impatto della dinamica demografica sul potenziale militare di un Paese moderno. Nella ricetta di allora si parlava di incrementi della spesa con investimenti in processi di automazione e di ampliamento della quota di «professionisti» negli organici unitamente all'accettazione di concezioni e mentalità innovative, come l'apertura a contingenti volontari femminili (oggi realtà).
Si tratta di rilanciare considerazioni forse datate ma che il mix tra la demografia e il panorama internazionale del nostro tempo rimettono in circolo prepotentemente.
Ciò che certamente gli scenari demografici ci confermano è che l'idea di una struttura difensiva impostata su un capitale umano abbondante ed economicamente reperibile (anche in relazione al fatto di sottrarre al sistema produttivo una risorsa giovanile sempre più scarsa) appartiene a un passato che non avrà più modo di ripetersi. Mettiamolo in conto.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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