Lino Banfi distrugge Sanremo, il dramma di Biden e Cecchettin: quindi, oggi…

Quindi, oggi...: le polemiche su Mara Venier, il caso Kamala Harris e la candidatura del papà di Giulia (smentita)

Lino Banfi distrugge Sanremo, il dramma di Biden e Cecchettin: quindi, oggi…

- Ho letto con grande interesse l’intervista alla mamma di Giovanbattista Cutolo, il musicista ucciso a Napoli per futili motivi. Daniela Di Maggio dice cose sagge ed altre molto meno. Il primo errore riguarda Geolier a Sanremo: non c’è stato nulla, in quella bordata di fischi dell’Ariston, che fosse “anti-napoletano” come di lei. La verità, e dalle parole di Daniela (e di Saviano) lo si capisce chiaramente, è che qualunque critica venga rivolta ai napoletani finisce col diventare un “pregiudizio contro Napoli”. Daniela lo ammette: “Sono napoletana e voglio dire io, da napoletana, sei sbagliato. Ma se me lo dice qualcuno del Nord non lo accetto”. Il razzismo territoriale è solo nelle orecchie di chi lo vuol sentire.

- Molto più interessante, invece, il racconto del motivo per cui ha voluto Geolier al funerale di Giogiò, benché il rapper napoletano - come tanti - abbia iniziato cantando “testi pieni di violenza”. “Li ho voluti al mio fianco per dare uno schiaffo alla camorra - racconta - Che si vuole appropriare della loro musica, rovinandoli. Poiché il killer di mio figlio si vestiva come Geolier gli ho dato il primo ergastolo: vedere il suo mito, Geolier appunto, portare i fiori sulla bara di Giogiò, durante il suo funerale”. La musica e le fiction sulla violenza camorristica, tipo Gomorra, non sono la causa della mafia, sia chiaro, ma come spiega bene Daniela bisogna iniziare a “togliere armi culturali” alla criminalità evitando di trasformare le loro malefatte in “miti”. Saviano, leggi qui.

- Sul risultato di Sanremo qualcuno dovrà pur dire che né il televoto né il risultato dato dalle votazioni della Sala stampa e delle Radio è “democratico”. E nessuno dei due rispecchia il sentimento generale degli ascoltatori. Mi spiego: la Sala stampa è composta da un gruppo elitario e ristretto di cronisti musicali che hanno la loro età, le loro idee e spesso pregiudizi degni di una casta. Il televoto, allo stesso modo, ma opposto, premia gli artisti (non le canzoni) con maggior peso mediatico, magari dato dalla presenza in tv o da un fortunato andamento sui social media. Ma gli streaming milionari di Geolier non solo lo specchio del paese, non di tutto almeno. E neppure i tanti televoti ricevuti, che premiano chi può contare su una “fanbase” più attiva. Renga e Nek, per dire, magari saranno apprezzatissimi da tanti italiani che però si guardano bene dallo spendere 50 centesimi per far vincere loro una gara canora. Ecco perché un “metro” più realistico per capire qual è stata la canzone più apprezzata dagli italiani sarebbe la giuria demoscopica (che pure ha dei limiti, visto che tende a premiare chi è sulla cresta dell’onda da più tempo). Chi avrebbe vinto in quel caso? Loredana Bertè, poi Annalisa e Angelina Mango. Geolier, che così tanti televoti ha ricevuto, non sarebbe andato oltre il 20 posto. Nessun sistema è perfetto, ma scambiare il “televoto” per il voto popolare è un errore.

- Gino Cecchettin candidato con il Pd? Lo scrivono i giornali ma lui smentisce. Fossi nel papà di Giulia cercherei di resistere alle sirene che di sicuro ci saranno, visto che i dem sono maestri nella caccia ai "volti della società civile". Perché rifiutare? Semplice: il modo migliore per “cambiare le cose” è quello di presentarsi come testimone terzo, capace di creare un consenso bipartisan nello scacchiere politico così da far approvare leggi che siano condivise da una larga fetta di forze politiche. Se ti candidi in un partito di sicuro migliori la tua vita, sei tecnicamente dentro le istituzioni, ma dubito che riuscirai ad approvare chissà quali leggi. Intanto però la battaglia di cui eri portatore (la lotta ai femminicidi) verrà identificata con una “parte”. E addio unità nazionale.

- Finito il Festival come al solito restano le polemiche. E oggi l’accusa alla Rai è quella di aver censurato le istanze di Ghali e D’Amico, il primo su Gaza e il secondo sui migranti. Chi ha ragione? La libertà di espressione è sacrosanta ma in questo caso non c’entra un fico secco. Essere “liberi” non esime gli artisti dal dovere di contenersi, di comprendere il momento e di decifrare il contesto. Ghali non può usare l'Ariston come gli pare e piace perché chi vorrebbe replicare alle sue esternazioni sul “genocidio”, primo tra tutti l’ambasciatore di Israele, non può godere di quei 10 secondi davanti alle telecamere più ambite d’Italia.

- Qualcuno dovrebbe spiegare a Ghali che essere liberi significa poter portare a Sanremo una canzone sui migranti o realizzare un madley con frasi in arabo sui nuovi italiani. E questo è stato loro permesso, alla faccia di chi blatera di Telemeloni. Diverso è invece se l’artista si arroga il diritto di andare oltre la performance per cui è stato ingaggiato e se sfrutta il palco per altri fini. Domanda: se un cantante avesse invocato il blocco navale, chiesto l’invio di armi all’Ucraina o fatto un appello a non vaccinarsi, il Pd, il M5S e la sinistra avrebbero comunque difeso la sua libertà di espressione?

- Diverso è invece il caso di Mara Venier a Domenica In. In questo caso i giornalisti stavano intervistando Dargen D'Amico, quindi il contesto era quello giusto: andava lasciato parlare.

- Federico Rampini spiega perché Joe Biden non rinuncia alla candidatura, nonostante gli evidenti problemi legati all’età. Il motivo ha un nome e un cognome: Kamala Harris. La vicepresidente di cui i giornali progressisti avevano cantato le lodi per via della sua aderenza perfetta all’ideologia woke e ai dettami di Black Lives Matter si è dimostrata sin da subito non adeguata al ruolo. Ma rinunciare a correre ed impedirle di candidarsi sarebbe davvero complicato per i democratici, che rischierebbero non solo di trovarsi “un’incapace” come candidata ma anche di esporsi alle critiche dei repubblicani. Da qui l’obbligo per Joe di stringere i denti per evitare l’accusa (da sinistra) di razzismo sessista per aver cacciato una vice afro o (da destra) di aver lasciato per quattro anni gli Usa nelle mani di un'impresentabile. Ora, però, tanti intellettuali e giornalisti italiani dovrebbero andare a rileggersi gli articoli pieni di lodi a Kamala scritti durante la campagna elettorale. E magari vergognarsi di come era stata incensata non valutandone le qualità politiche ma solo in base all’appartenenza ad una minoranza.

- Michele Santoro pronto a ri-scendere in campo con una lista pacifista. Non si conoscono ancora bene i contorni, ma dovrebbe essere un movimento di sinistra-sinistra non si capisce quanto differente dai partiti che già esistono (Potere al Popolo, Sinistra Italiana, M5S, ecc ecc). Utilità? Nessuna. Velleità? Poche. Ma è sintomo di una divisione nel mondo della sinistra che spiega bene perché faranno più che fatica a trovare l'unità necessaria a sperare di insidiare il vantaggio elettorale del centrodestra.

- Me lo ero perso, lo ammetto, ma ho visto un video di Lino Banfi che critica le canzoni di Sanremo.

Dice: “Tutte cominciano con ksadaklmmfadlkmdslakmdsaskmdal. E poi urlano: yaehoooooo. E che c*** vuol dire yaehoooo?”. E ancora: “Perché i rapper fanno così per non farci capire niente?”. Impossibile sintetizzare meglio questa edizione del Festival.

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