"And the Oscar goes to...", attimo di silenzio. In quell'istante si condensa una vita intera. L'esistenza, in fondo, si cristallizza in pochissimi attimi indimenticabili. Proprio come quello in cui la madrina della notte delle stelle, Sophia Loren, sventola con la mano la preziosa busta in cui è contenuto il nome del "Miglior Film Estero" in lizza per la settantunesima edizione del Premio Oscar. La platea non regge la tensione dell'attesa e qualcuno inizia a gridare "Roberto". La grande attrice italiana, poi, con fare emozionato sfila il cartoncino e urla a squarciagola: "Roberto! Roberto!", lasciandosi andare a un irrefrenabile grido di gioia. È l'ennesimo trionfo della genialità nostrana alla più prestigiosa kermesse dedicata al cinema. A festeggiare è Roberto Benigni, interprete e regista del delicato ma intenso "La vita è bella". Quella sera, l'attore toscano darà spettacolo, rompendo i rigidi schemi della tradizione americana, saltando sulle poltrone e agitandosi come un pazzo. Ad assistere alla scena, sorridente e sornione, c'è anche Vittorio Cecchi Gori. La gloria va divisa e una parte del bottino va anche a lui, in qualità di produttore che ha permesso di cogliere questo inestimabile traguardo. Il patron fiorentino, deus ex machina del cinema italiano, in quella notte aggiunge il terzo Oscar alla sua personale collezione. Sarà l'apice della sua carriera. È il 1997.
La figura di Mario Cecchi Gori
Il cinema italiano è da sempre il più rispettato e temuto dagli americani, tanto che ci fu un tempo in cui Hollywood ebbe davvero paura di Cinecittà. A rendere quelle creazioni così forti e dirompenti ci pensò specialmente Dino De Laurentis, del quale Mario Cecchi Gori fu l'autista personale prima di intraprendere - anche lui - la carriera di produttore cinematografico di successo a partire dagli anni '60. Autorevole, autoritario e severo, riceveva tutti nel suo grande ufficio romano con un sigaro in bocca. Leggeva in silenzio i copioni e spesso non gli piacevano. Faceva trascorrere giorni prima di dare una sentenza, poi, alzava la cornetta e convocava nel suo ufficio gli aspiranti registi per giudicarli a quattr'occhi. Talvolta li criticava aspramente, facendo volare anche le carte, ma sovente si faceva conquistare da chi ci metteva il cuore. Carlo Verdone racconta della figura di Mario Cecchi Gori come quella di un padre, pronto a dar fiducia ai suoi figli. "Giri i film meglio di come li scrivi", gli rimproverava. Un figlio, però, Mario ce l'aveva e di nome fa Vittorio. Nato dalla relazione con Valeria, conosciuta sugli spalti dello stadio comunale di Firenze durante una partita domenicale della Fiorentina. Un altro dei grandi amori di famiglia. Con Vittorio nacque, poi, un sodalizio che ha riscritto il cinema italiano.
Padre e figlio signori del cinema
Mario e Vittorio Cecchi Gori, padre e figlio. Un duo che ha saputo iscriversi nelle pagine della grande storia italiana del secondo dopoguerra con coraggio, lungimiranza e talento. La loro casa di produzione cinematografica ha sfornato centinaia di pellicole, che hanno saputo tastare il polso e fotografare le vicende nostrane come pochi altri sono stati in grado di fare. Ci hanno fatto ridere, ci hanno fatto riflettere ed emozionare. A corredo ci sono alcuni capolavori che ancora adesso testimoniano la grandezza di un binomio - già di per sé - speciale. Tutto il meglio che il cinema italiano ha saputo offrire a livello di talento, estro e capacità recitative - nonché di regia - è passato sotto l’ala protettiva prima del placido ma burbero Mario, poi, sotto quella ingenua e vulcanica di Vittorio. Il figlio prediletto, appassionato ed eccentrico, fantasioso e fragile, tutto fuorché scaltro, che come un novello Icaro, una volta toccate le stelle è sprofondato al suolo con un tuffo roboante. Non è facile passare da Palazzo Borghese a Regina Coeli. Un impero distrutto con la forza e la rapidità di un turbine di vento, senza la guida certa e sicura del patriarca.
Le tre statuette
Oggi Vittorio ha 80 anni. Nel suo magnifico appartamento romano comprato con i soldi de "Il sorpasso", risplendono come la luce di un faro quelle tre statuette dorate che ci ricordano quanto grande fu la Cecchi Gori Group e, di conseguenza, il nostro cinema. Una è di "Mediterraneo" (miglior film straniero del 1991), una è de "Il Postino" (miglior film assoluto del 1994, seconda pellicola non in lingua straniera a vincerlo) e l'ultima è del - già citato - "La vita è bella". Dalla magnifica terrazza dell'attico che domina sulla città eterna, Vittorio può godersi ogni giorno lo spettacolo dell'arancione tramonto che irradia tiepidamente le rovine di un grande impero, come è stato anche quello della sua famiglia, fino a quando la notte non le fa prigioniere.
Il vecchio Mario diceva che nei film o si piange o si ride, per questo motivo anche "Il sorpasso" di Dino Risi non lo convinceva appieno. In compenso, gli innumerevoli film prodotti dai Cecchi Gori ci hanno fatto tanto ridere, ma anche tanto piangere.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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