Fabio Fazio torna in tv e riparte da Nove, il canale Discovery in chiaro, con il suo Che tempo che fa. Nulla sembra essere cambiato dalla Rai, anche lo studio ricalca le scenografie ben note del periodo della tv pubblica. Lo stesso conduttore appare identico a se stesso e forse questo può essere un plus per la trasmissione, che dovrà fare i conti con il trasferimento su un altro canale. Ed è in questo contesto che si inserisce il passaggio su Roberto Saviano, particolarmente legato a Fazio, in merito alla condanna per diffamazione nei confronti di Giorgia Meloni.
Dallo studio di Fazio, gli ospiti in studio hanno espresso la loro solidarietà allo scrittore. I giornalisti Fiorenza Sarzani, Giovanni Floris e Massimo Giannini gli si sono detti vicini e non hanno mancato di criticare il premier per non aver ritirato la querela contro lo scrittore che, va specificato, è stata avanzata prima che Meloni salisse a Palazzo Chigi. "Quando la politica chiama in tribunale i giornalisti, gli scrittori e gli intellettuali non è mai una cosa buona", ha dichiarato Sarzani. "Roberto deve rimanere con noi ma manca una condizione fondamentale", replica Giannini, facendo riferimento alla dichiarata volontà di Saviano di voler lasciare l'Italia dopo la sentenza, ennesimo proclama dello scrittore quando qualcosa non va come lui desidera. "Nessuno difende Roberto, questo è il dramma di Roberto. Fuori di qua, purtroppo, il sistema politico, sociale, culturale e dell'informazione non capisce la portata di questa vicenda. Mille euro, che vuoi che sia. Ma vi rendete conto di un governo che querela e denuncia un intellettuale per un giudizio che ha dato", dice ancora l'editorialista di Repubblica.
Il giudizio, come lo chiama Giannini, è la definizione di "bastarda" che Saviano ha dato a Meloni in una puntata di Piazzapulita andata in onda su La7 nel dicembre 2020 e dedicata al tema dei migranti. Giannini chiama giudizio quello che per un tribunale è una diffamazione ma, soprattutto, è bene ribadire che nel 2020 Meloni era il leader di un partito dell'opposizione e non era al governo. Inoltre, se la società non si schiera con Saviano non si può imporre una e difesa d'ufficio.
Evidentemente, in questo caso specifico, Saviano ha sbagliato e invocare l'impunità non è corretto. Nemmeno i suoi sodali ideologici probabilmente considerato una semplice opinione un epiteto di quella portata. L'impunità intellettuale che ora si invoca per lo scrittore è una condizione troppo comoda.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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