Qualche parolaccia sì, la diffamazione no

Sarebbe il caso di ridimensionare la gravità di talune espressioni, che fanno parte del linguaggio comune e popolare, che andrebbe salvaguardato, difeso, conservato, riscoperto

Qualche parolaccia sì, la diffamazione no
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Gentile direttore Feltri, ha ancora senso punire la diffamazione come reato? Perché non provare ad abolire questo delitto, che tutto sommato è d'opinione? Perché chi ascolta l'offesa diffamante possa farsi un'opinione di cattivo gusto, cialtrona e cafona di chi parla. Affinché tutto ciò abbia a che fare con la poca grazia del parlante e l'unica pena comminata sia il disgusto, la repulsione. Perché, come si è superata la parola stronzo, che non lede chi viene così etichettato, e tutto sommato lascia correre. Per la società moderna, che lotta contro molte cose... Bisogna soprassedere anche sulla parola cornuto.

Giovanni Negri da Brusciano

Caro Giovanni,
sono in parte, ma soltanto in parte, d'accordo con te. Anche io, amante del turpiloquio innocente quale sono e non disdegnando affatto di ricorrere ad espressioni colorite persino negli scritti, al limite del senso comune della decenza, cosa che mi comporta parecchie scocciature, apprezzo l'uso di quelle che vengono indicate, a mio avviso, impropriamente, come parolacce, suscitando indignazione e scandalo da parte di chi le ascolta, non senza una punta di esagerazione. A me, francamente, esse divertono e, come se non bastasse, le trovo straordinariamente efficaci. Insomma, perché mai perdersi e aggrovigliarsi in inutili giri e rigiri di vane parole quando sarebbe più che sufficiente uno stronzo piazzato qua o un vaffanculo piazzato là? Sarebbe forse la fine del mondo. Si tratta per di più di termini che nascondono un altro pregio, ovvero quello della spontaneità, cosa rara di questi tempi. Sono sinceri, dettati dall'istinto, sputati dallo stomaco, originati dall'emozione, ah, quella cara e vecchia emozione, testimonianza e prova che siamo vivi, poiché il sangue nelle vene ancora scorre e ci arriva qualche volta tutto al cervello. E allora sono cazzi amari. Ben vengano quindi.

Di insulti di questo tipo io, oltre a non risparmiarli, ne ricevo a iosa e non mi fanno alcun effetto. Al massimo generano in me un moto ilare, che sfocia in una grossa risata, per cui sono grato persino al mio odiatore, che mi ha donato la possibilità di tanto spasso.

Ebbene, tu non hai torto, sarebbe il caso di ridimensionare la gravità di talune espressioni, che fanno parte del linguaggio comune e popolare, che andrebbe salvaguardato, difeso, conservato, riscoperto. La lingua non è qualcosa che fanno coloro che hanno la puzza sotto il naso, che parlano complicato, essa è fatta dalla gente della strada e io mi reputo uno di questa.

Tuttavia, un conto sono le parolacce, altra cosa è la diffamazione, che deve essere perseguita e punita, ove essa si realizzi appunto con l'intento di recare nocumento a chi la subisce, ben sapendo chi se ne rende autore, proprio come stabilisce la legge, che le condotte attribuite alla vittima di questo reato non sono veritiere. Quando lo scopo è danneggiare la reputazione o l'immagine di una persona narrando e diffondendo il falso sul suo conto, allora è opportuno che si faccia giustizia perché a nessuno di noi piace essere diffamato, immagino nemmeno a te, e i danni di una simile condotta possono essere alquanto pericolosi nonché abbracciare diversi aspetti della vita della persona offesa.

Il diritto non può non tutelare colui o colei che patisce tale trattamento. E non può non punire colui o colei che si macchi di tale delitto. La diffamazione non è una mera opinione. Essa nasconde l'intento, ovvero presenta l'elemento della malafede, di infangare pubblicamente un individuo, dando luogo a ripercussioni che investono l'esistenza privata e professionale del diffamato.

È costui, ed è soltanto costui, che può decidere, a quel punto, se agire o meno per la protezione del suo diritto di non essere malfamato, leso, abusato, perseguitato. Noi non possiamo che restare muti e attendere che la Giustizia stabilisca se diffamazione ci fu o meno, rispondendo alla richiesta del cittadino che alla Giustizia si rivolge in cerca di consolazione.

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