La ricetta scientifica per delle perfette uova sode

Uno studio universitario tiene conto delle diverse temperature di cottura tra tuorlo e albume. Nasce così la "period cooking"

La ricetta scientifica per delle perfette uova sode
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Un modo per conquistare una donna? Quello dell’Uovo sapiens (forse). Anzitutto specifico che io in cucina sono una frana, tanto che non mi ci fanno neppure entrare, per paura che frani anche la cucina. Ma una cosa so farla: le uova strapazzate. Tutti dicono: eh, ma che ci vuole a fare le uova strapazzate! Poi quando le assaggiano ammettono che sono molto buone. Alcuni si spingono anche a valutarle «le migliori mai mangiate». Tiè! Ovviamente anche l’uovo al tegamino, ma non è che puoi vantarti di fare il miglior uovo al tegamino del mondo.

Tuttavia è stata appena pubblicata su Communications Engineering una nuova tecnica di cottura che si chiama “period cooking”. Per cuocere un uovo sodo perfetto. Ma come, direte voi, non si cuoce già in modo uniforme? No, perché le temperature di cottura dell’albume sono diverse da quelle del tuorlo. Non basta metterlo nell’acqua a 100 gradi.

Chi ha fatto la ricerca? Ci sono messi quelli dell’Università Federico II di Napoli. Sembra una cosa un po’ medievale (davvero nessuno c’era mai arrivato prima?), però a me serve, e forse a qualcuno di voi come me anche, per fare bella figura. Vi spiego cosa dovete sapere. Primo che il tuorlo, composto da grassi, proteine e nutrienti, cuoce a una temperatura di 65 gradi C, mentre l’albume, composto di acqua e proteine, a 85 gradi C. Ci avevate mai riflettuto? No? Neppure io.

Ovviamente non potete aprire l’uovo per cuocere albume e tuorlo separatamente per fare un uovo sodo ideale, ma il Dipartimento di Ricerca Chimica, dei Materiali e della Produzione Industriale della Federico II ha scoperto la “cottura periodica”. Lo so, ci state pensando anche voi: ma non avevano niente di meglio da fare che mettersi a cucinare uova? Tipo un congegno lancia- ragnatele come quello di Peter Parker?

Comunque sia, cavoli loro, a me torna utile, sentite qui: dovete immergere l’uovo in un pentolino a 100 gradi, e poi spostarlo in un altro pentolino a 30 gradi per altri due minuti e ripetere l’operazione per otto volte, togli metti, togli metti, «per arrivare a consistenza e texture ottimale, e conservare tutte le proprietà nutrienti».

Applicazione pratica: avete una persona a cena, magari il primo incontro con una donna che già si aspetta da voi che avrete ordinato tutto su Glovo (come faccio sempre, lasciando credere abbia cucinato io, funziona con le più ingenue). Invece le dite: «Ti vanno anche un paio di uova sode?». Allo sguardo tra il perplesso e l’irrisorio rispondete: «Scientifiche, baby» (il baby potete anche non dirlo, dipende come siete). «Il periodic cooking? No? E allora non hai mai mangiato un uovo sodo, darling» (anche per il darling vale quanto detto per il baby). Al che andate in cucina e fate quanto sopra descritto (certo, un po’ una rottura di pall... cioè di uova non rotte, tutti quei passaggi, e tra l’altro mi chiedevo: l’acqua a 100 gradi ok, ma l’altra come la tengo fissa a 30? Mica ho un laboratorio... boh, troverò il modo).

Dopodiché servite le vostre uova sode scientifiche e potete rompere il ghiaccio della conversazione raccontando perché sono così speciali, sfoggiando la vostra cultura culinaria e scientifica. Io che ormai non ci provo più con nessuno e fatico anche a rapportarmi a me stesso proverò a sorprendere la mia solita amica chimica inorganica Giulia Bignami che, da Edimburgo, dove lavora, verrà a trovarmi a aprile dopo la sua conferenza alla Festa della scienza di Foligno.

Non so se si accorgeranno della differenza (Giulia forse sì, perché si accorge di tutte le differenze), in un esperimento fatto con enologi bendati hanno confuso un Tavernello con un vino costosissimo, ma questo prova appunto che la suggestione fa tutto. Quindi potete anche cucinare le uova sode normalmente e dire alla vostra invitata che avete fatto il periodic cooking, e spiegarle il processo, sebbene iniziare una relazione con una bugia non sia bello. Ma come diceva Doctor House: «Everybody lies», figuriamoci nelle relazioni passionali.

Ovviamente, mangiate le uova, porterete la cacio e pepe ordinata con

Glovo o Deliveroo o quello che volete (spacciandola per vostra). A proposito, alla Federico II non hanno dato un nome a quest’uovo sodo, e nessun piatto esiste veramente senza un nome, io propongo appunto l’Uovo sapiens.

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