La verità sulla sceneggiata di Magi, Salis s'attacchi e il Duomo: quindi, oggi...

Quindi, oggi...: la bandiera palestinese a Milano, la visita di Meloni in Albania ed Edi Rama

La verità sulla sceneggiata di Magi, Salis s'attacchi e il Duomo: quindi, oggi...

- Un candidato di Alleanza Verdi e Sinistra, di cui ometteremo il nome per evitare eccessiva pubblicità elettorale, è andato sul Duomo di Milano esponendo una enorme bandiera palestinese. Il tutto mentre l’ayatollah iraniano sostiene le battaglie degli studenti pro-Pal, a scuola si mangia carne halal, il Natale diventa Festa d’Inverno e nelle Università s'insegna la jihad. Non scadremo nel dibattito stantio di chi ritiene, in realtà a ragione, che a suon di integrazione finiremo integrati. Vorremmo sommessamente far notare che esporre la bandiera di uno stato straniero, peraltro a maggioranza islamica, sulla facciata del simbolo della cristianità è irrispettoso nei confronti di milioni di fedeli che lo considerano un luogo sacro. Nessuno protesterà, visto che i vescovi non brillano in coraggio e quello meneghino ha pure benedetto il Ramdan a scuola. Ma provate a immaginare cosa sarebbe successo se un attivista filo-israeliano, magari pure di destra, avesse violato una moschea per sventolare la stella di David.

- Vannacci: “Insegnare l’ideologia di genere nelle scuole è una prevaricazione del senso comune. Oppure quando si propone l’identità di genere: il fatto che io domani mi sveglio e mi sento una donna e tutti mi devono chiamare come una donna. Io a questo punto rivendico l’identità di età. Se domani mi sveglio e mi sento un ventenne mi devono cambiare l’età sui documenti e devo poter andare in banca a chiedere un mutuo da ventenne”. Li farà uscire pazzi.

- Dopo aver sparato alzo zero, per interposto padre, contro ministero della Giustizia e quello degli Esteri, cioè Nordio e Tajani, accusandoli di non aver preso a cuore la sua vicenda, adesso Ilaria Salis scrive a Giorgia Meloni. Niente di strano, per carità. Vuole scontare i domiciliari in Italia ed è comprensibile. Fa sorridere tuttavia come prima critichi e poi invochi attenzione. Soprattutto se, come deve ammettere pure Repubblica, “le autorità ungheresi non hanno segnalato particolari allarmi né in rete né nei pressi del domicilio” rivelato in aula dal giudice ungherese. Verrebbe da dire: Ilaria, adesso attaccati. Ma per fortuna i governi sono una cosa seria e sostengono tutti gli italiani detenuti all'estero. Pure chi non dimostra grande riconoscenza.

- Anche il Wall Street Journal si accorge che Joe Biden mostra “segni di cedimento” a causa dell’età. Buongiorno a voi.

- I giornali non parlano d’altro se non degli studenti del liceo Visconti, uno di quelli chic della Capitale, frequentato dalla gente che piace, i quali avrebbero appeso al muro una lista di nomi femminili diventate conquiste dei giovani rampolli della Roma bene. Orribile, eh. I collettivi femministi sono impazziti. Maschilismo. Patriarcato. Turbamento. Però gli stessi giornali, e gli stessi collettivi, insistono nel loro silenzio di fronte alle denunciate violenze patriarcali che sarebbero avvenute all’Università di Bologna tra gli studenti pro-Pal. Violenze vere, a giudicare dalle denunce. Non una lista di conquiste. Eppure, nessuno che ci renda edotti con un intelligente editoriale su quanto sia radicata la cultura patriarcale tra le associazioni antagoniste bolognese. Come mai?

- Un tribunale ha condannato Elisabetta Franchi, nota stilista bolognese, colpevole di aver ammesso di preferire le donne over 40 durante i colloquio per le assunzioni perché “se dovevano far figli o sposarsi lo hanno già fatto e quindi io le prendo che hanno fatto tutti i giri di boa e lavorano h24”. Condannata per discriminazione. Ora, le sue parole saranno state fuori luogo. Di sicuro sono più attrattive le società che favoriscono la maternità, non chi la aggira assumendo solo le “anta”. E se la sua azienda in posizioni manageriali preferisce donne “anta” e uomini che lavorino 24ore al giorno, saranno fatti suoi e di chi accetta quel lavoro. Va bene criticarla. Va bene biasimarla. Ma punirla in Tribunale appare oltremodo esagerato. Sarà pur libera di assumere chi preferisce.

- Avete visto il video di Riccardo Magi, parlamentare di +Europa, che in Albania è andato a contestare Giorgia Meloni? A leggere il resoconto di Repubblica pare un mezzo massacro: aggredito, strattonato, maltrattato, lasciato con una camicia sporta ci sangue. Poi uno va a vedere il video e scopre che non è successo nulla di tutto questo. Magi si è piazzato con un cartello in mezzo alla strada bloccando il corteo presidenziale. In ogni Paese del mondo (provi con Biden, se ha il coraggio), se uno sconosciuto cerca di fermare l’auto di un premier straniero la sicurezza fa il suo mestiere: blocca il soggetto, chiunque esse sia. Pensate a cosa è successo a Robert Fico, in Slovacchia, che durante un evento elettorale è stato avvicinato da uno sconosciuto armato di pistola e quasi ci rimetteva le penne. Potreste dire: “Ma Magi è un parlamentare della Repubblica!”. Anzi: lo ha affermato anche chi stava registrato il video, arrivando addirittura a ipotizzare una sorta di immunità mondiale per gli onorevoli: “È un parlamentare, non potete toccarlo”. Un tantino esagerato. Ma anche Magi l’ha urlato più volte, in quello che appare il più classico dei “non sapete chi sono io”. Primo: lo scontro è avvenuto in territorio albanese e non sta scritto da nessuna parte che un agente dei servizi di Tirana debba conoscere il volto di tutti i 600 parlamentari italiani. Secondo: in un primo momento, gli agenti cercano di far allontanare Magi con garbo. Lui però insiste, si dimena, cerca a tutti i costi di piazzarsi in mezzo alla via, un po’ come gli studenti pro-Pal che tentano di sfondare il cordone di polizia per andare lì dove è precluso loro. Terzo: il punto qui non è la libertà di contestare o meno, ma le modalità. Se Magi si fosse limitato a restare a bordo della strada, come tutti gli altri, esponendo il suo cartello, non sarebbe successo niente. Ma forse non avrebbe neppure ottenuto quel minimo di visibilità che ha rimediato così. Facendo una sceneggiata.

- Scrive Repubblica: “Edi Rama, accanto a lei, spara a zero sulla stampa italiana, dopo alcuni servizi sull’influenza della criminalità sui territori interessati dall’accordo. “Sono stati versati fiumi di fango sul mio Paese solo per attaccare l’accordo”, dice. E Meloni, al fianco, non difende certo il lavoro dei giornalisti. Gli manifesta solidarietà”.

Mi spiegate perché Meloni dovrebbe schierarsi al fianco del Fatto e di Report, che hanno messo nel mirino un accordo che lei invece rivendica? I giornalisti italiani si sentono talmente in alto nella catena alimentare da ritenersi liberi di criticare chiunque, salvo poi piagnucolare quando qualcuno osa ribattere ai propri servizi. La libertà di stampa è importante. Ma i cronisti non sono divinità scese in terra. Anzi.

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