Quando siamo pronti a dire addio alla brutta stagione, nel momento in cui l'inverno decide di salutarci lasciandoci solamente il ricordo della sue nevicate e delle sue gelate, i prati cominciano a rigermogliare e a divenire nuovamente verdi. Le prime piante ad affacciarsi timidamente dalla terra, immerse nella rugiada del giovane mattino di primavera, sono le primule con i loro fiori colorati e talvolta profumati. Quando questa pianta si apre alla natura, assistiamo a quel miracolo che simboleggia metaforicamente una rinascita, in cui la vita si riaccende inesorabilmente dopo le dure costrizioni invernali. Quando l'Autobianchi presenta nel 1964 la sua Primula, il nome non è affatto casuale. Il costruttore di Desio, orbitante nella galassia Fiat, con il suo modello vuole innovare il settore automobilistico come la dolce primavera fa con i prati, proponendo un prodotto genuinamente progressista. Un laboratorio su quattro ruote di fondamentale importanza.
La vittoria di Giacosa con la Primula
L'occasione per cogliere la Primula alla sua primissima apparizione è il Salone dell'Automobile di Torino del 1964, quando all'ombra della Mole Antonelliana, gli appassionati riescono ad ammirare quella che è la figlia di metallo di un progetto ambizioso e per certi versi conquistato a seguito di aspre battaglie. Il marchio Autobianchi da qualche anno è più di una costola per Fiat, che ha nell'ingegnere Dante Giacosa la figura decisiva per portare nello stabilimento di Desio una macchina concepita con uno schema inedito per l'Italia: motore trasversale e trazione anteriore. In Fiat sono allergici e refrattari quasi completamente a questa soluzione tecnica, per un veto del fondatore del colosso torinese, il senatore Giovanni Agnelli, il quale rimase coinvolto in un terribile incidente a bordo di un prototipo che sfruttava il medesimo sistema meccanico.
Dante Giacosa, tuttavia, ha una mente brillante, è intelligente e scaltro, e all'interno del Lingotto dispone di ampia credibilità, alla luce dei suoi progetti vincenti che hanno fatto svoltare la Fiat del secondo dopoguerra. Dunque, l'ingegnere ottiene il semaforo verde alla sperimentazione di un'automobile con trazione anteriore e motore trasversale. A patto, però, che questa non sia una Fiat al 100%. Ed è qui che entra in gioco l'Autobianchi con la sua Primula, per una ventata di primavera che giova a entrambi i marchi presi in causa.
L'Autobianchi si prende gli onori
La fabbrica di Desio apre i battenti per questo innovativo progetto che sa di rivoluzione. Nelle auto di taglia media, adottare tale soluzione tecnica può apportare una lunga serie di benefici, che tutti quanti hanno voglia di scoprire. Dunque, la catena di montaggio si mette in funzione, sotto l'ala di Fiat che osserva a debita distanza, ma che serve alla causa il motore della sua collaudata 1100. Sulla Primula si sceglie, tuttavia, di renderlo un po' più pimpante e vigoroso, ma soprattutto di collocarlo di traverso.
Le novità, poi, non si fermano qui perché le sospensioni godono all'anteriore di una balestra trasversale, mentre il retrotreno è ad assale rigido. Infine il colpo da maestro, scaturito dall'ingegno del progettista Giacosa, che risiede nel fissare il cambio in posizione esterna, laterale, di modo che non vada a intrecciarsi con l'olio motore, in uno scambio di fluidi che si rivelerebbe altamente controproducente. Alla fine, la macchina laboratorio riesce a prendersi tutti gli onori del caso, infatti l'Autobianchi Primula si staglia sulla scena come un oggetto futuristico per la sua epoca. Un'avanguardia che merita soltanto applausi scroscianti, dimostrato dal fatto che sarà imitata da tutti quei costruttori che, in seguito, si diletteranno nella fabbricazione di macchine di piccola cilindrata con trazione sulle ruote davanti. La Fiat, dal canto suo, non avrà la scaltrezza di brevettare la sua preziosa intuizione, perdendo una bella occasione per primeggiare sugli altri.
Ricca e fascinosa
Oltre ai tesori nascosti sotto pelle, la Primula si scopre attraente anche esternamente con le sue forme aggraziate e quelle pinne posteriori, che sono un tipico vezzo stilistico della sua epoca. Declinata sia in versione berlina che coupé, l'Autobianchi si rivela un'auto ben costruita, con equipaggiamenti ricchi e sofisticati, ma soprattutto pratica, merito di un bagagliaio con ampio portellone capace di ospitare ogni ben di dio. Il successo fu notevole, tanto in patria quanto all'estero, con una propensione particolare verso il mercato francese. Nell'Esagono solitamente sono nazionalisti e osteggiatori delle vetture straniere, ma nel caso della Primula fanno volentieri un'eccezione.
Dopo quasi 75.000 esemplari prodotti a Desio, nel 1970 la Primula si ritira in congedo con il massimo degli onori.
In fondo, lei passerà alla storia come la prima auto italiana a trazione anteriore di serie, fornendo il sentiero da seguire a molteplici modelli che la emuleranno, rendendo ancora più notevole la sua immagine e la sua eredità nel grande albo delle quattro ruote.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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