L'Italia apre gli anni Cinquanta del secolo scorso con un rinnovato ottimismo, innescando una serie di reazioni agli orrori della guerra, che l'avrebbero proiettata da lì a breve a una nuova prosperità collettiva: il boom economico. Nel 1949, però, le cicatrici del cataclisma bellico si mostravano ancora aperte lungo tutto lo Stivale, anche se il morbo della rinascita era già stato instillato nell'aria e gli italiani potevano respirarlo a pieni polmoni. Alla Fiat dopo essersi leccati le ferite per troppo tempo, giunge il momento di tornare a fare qualcosa di innovativo e di brillante, che avesse il sapore della rivincita. Osservando il gusto degli italiani, al Lingotto capiscono che la borghesia inizia a nutrire più esigenze, mentre il rapporto con l'automobile muta. Adesso servono più velocità, più spazio e maggiore versatilità con un occhio di riguardo alle dotazioni. La classe media italiana vuole spostarsi rapidamente e raggiungere le proprie destinazioni con stile e comfort. In questo periodo, dunque, nasce l'embrione del progetto Fiat Nuova 1100.
Il debutto al Salone di Ginevra
Esattamente sessant'anni fa, al Salone dell'Automobile di Ginevra 1963, debutta dunque la Fiat Nuova 1100. La dicitura che annuncia l'anima innovativa di questo modello non è casuale, perché la berlina torinese ha delle caratteristiche molto all'avanguardia per il suo periodo, pur rimanendo classica sotto altri aspetti. Dotata di scocca portante e carrozzeria con parafanghi integrati a 4 porte e 3 volumi, coda corta molto sinuosa e tondeggiante, cattura lo sguardo e le attenzioni di tutti. È fresca e convincente, in più sembra possedere tutte quelle doti ideali per entrare nel cuore della gente.
Sono anni in cui il cinema americano penetra nell'immaginario collettivo degli italiani e la 1100 vagamente può assomogliare a una delle automobili d'Oltreoceano che si vedono sul grande schermo, seppur con delle proporzioni europee e uno stile tremendamente italiano. Il buon padre di famiglia accetta di buon grado di firmare delle sanguinose cambiali pur di darla in dote a moglie e figli, come nuova carrozza da viaggio.
Più versioni, una sola anima
Il suo nome deriva dal propulsore che si cela sotto al tondeggiante cofano anteriore: un quattro cilindri con albero a camme laterale di 1089 cc. Un motore solido, robusto e ben consolidato, avendo già equipaggiato la versione antecedente a quella dei primi anni Cinquanta. La nuova 1100, poi, si presenta ai nastri di partenza con due versioni: la Tipo A, più spartana ed economica, e la Tipo B, meglio equipaggata e rifinita. Il colpo di genio della casa torinese è la possibilità di far sedere a bordo della propria vettura ben sei persone. Un'abitabilità da competizione per una macchina che misura appena 4 metri.
Nel 1954, poi, arriva la più pragmatica di tutte: la "giardinetta", la station wagon della famiglia. Nel frattempo, però, era uscita anche la versione TV (turismo veloce), dotata di qualche cavallo in più e destinata a chi al volante vuole anche divertirsi con una guida brillante, magari con guanto in pelle con il quale accompagnare le veloci cambiate. Infine, nel 1955 arriva anche la più frivola e sbarazzina: la Trasformabile, piccolo spiderino dai tratti molto americaneggianti.
I vari restyling
Nel corso degli anni la Fiat Nuova 1100 va incontro a varie operazioni di ringiovanimento, ma quello più sostanziale è datato 1966. In concomitanza con il lancio della nuova vettura di punta del marchio, la 124, a Torino pensano bene di non disfarsi di un modello così apprezzato e gradito, anche se gli donano un ruolo più "proletario". La 1100 diventa più povera, ma sempre con grande dignità. Anche stilisticamente toglie le pinne e le varie rotondità, per accogliere un design più squadrato e duro. Questa operazione permise alla berlina di restare nel palinsesto di Fiat fino all'anno 1969, prima di salutare l'Italia per diventare protagonista in altri lidi, ancora bisognosi di un'auto così solida e pragmatica.
La Fiat 1100 in giro per il mondo
Chiusa una porta si apre un portone, dice il popolare adagio. Stessa sorte accade alla Fiat 1100, che ritenuta al pari di un ferro vecchio dal popolo borghese degli anni Settanta, trova rifugio e una seconda giovinezza in un mercato lontano come quello dell'India. Fu direttamente il costruttore indiano Premier a voler ospitare nelle proprie catene di montaggio l'eccellente vettura italiana, rivelando la licenza alla Fiat nel 1967. Costruita nella città di Pune, la 1100 d'India era in tutto identica a quella italiana, compreso il motore da 1089 cc e 48 CV. Questo veicolo ha stabilito un notevole record di longevità, restando in commercio fino al 1999, sfiorando con mano le soglie del nuovo millennio, dopo aver collezionato oltre un milione di esemplari venduti.
Un destino da world car simile ad altre sue colleghe illustri, come le più recenti Uno e 128. Se Giuseppe Garibaldi è stato l'eroe dei due mondi, anche la Fiat 1100 può candidarsi a un analogo ruolo ma con le quattro ruote al posto dei piedi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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