La Germania e l'Italia, il cuore della Mitteleuropa e il faro del Mediterraneo, due mondi vicini ma distanti, che non riescono mai a toccarsi, quasi come il giorno e la notte. Due culture ricche e vaste, capaci di spaziare in ogni campo dell'ingegno umano, eppure lontane. Due realtà che rivaleggiano dai tempi dell'Imperatore e del Papa fino a perdersi nella diatriba tra birra e vino, toccando punte di dualismo senza confini quando di mezzo ci si infila lo sport. A Stoccarda, però, è un italiano ad aver riscritto la storia di uno dei più importanti baluardi dell'automobile tedesca: Mercedes-Benz. Quest'uomo è Bruno Sacco, classe 1933, nativo di Udine e appassionato di quattro ruote fin dalla giovane età, il quale dopo aver completato gli studi in ingegneria meccanica al Politecnico di Torino, capisce che la sua strada è quella del design. Percepisce che le automobili passano agli annali prima di tutto per il loro fascino, per il loro stile ammiccante e per delle linee seducenti. La meccanica ha importanza, certo, ma quello che colpisce d'impatto è l'abito che indossano. Il primo passo per creare un'automobile vincente, capace di stupire e di far innamorare, è inevitabilmente quello di donarle un aspetto ammaliante. Il successo o il fallimento, scorre attraverso un giro di matita su un foglio bianco.
Il trasferimento a Stoccarda
La grande palestra per i designer è Torino, la capitale italiana dell'automobile, una città che vive di motori e dove a ogni passo si incappa in una carrozzeria, con la sua equipe di tecnici che detta legge. Per Bruno Sacco si aprono prima le porte di Ghia e poi di Pininfarina, tramite alcune collaborazioni, fino a quando il telefono non inizia a squillare per la chiamata della vita. Dall'altra parte della cornetta armeggia con il filo uno degli alti esponenti della dirigenza della Stella a tre punte, che con una voce ferma dal chiaro accento tedesco espone la proposta al giovane designer; ed è di quelle che non si possono rifiutare. È il 1958, Sacco prende armi e bagagli e muove alla volta del Baden-Württemberg, per entrare nel team che compone il Centro Stile di Daimler-Benz. Un italiano può mettere il suo accento sulle austere e prestigiose auto di Mercedes-Benz, una bella opportunità e una grossa responsabilità. Pensa, magari, di non fermarsi per sempre. E questo è il suo unico errore, perché nel 1959 sposa Annemarie e l'anno seguente nasce la figlia, Marina. Mette le radici in quella terra di rigore e operosità, dove la parola d'ordine è organizzazione che, però, si sposa al bacio con l'estro e la fantasia di Sacco. Nel 1975, dunque, diviene responsabile del design, incarico che manterrà fino al 1999, anno della sua pensione. Un'eternità, ma per arrivare al vertice la scalata è stata complessa.
Le rivoluzioni di Bruno Sacco
Sacco non ha la mente schematica di un dirigente aziendale, ha dalla sua un pensiero laterale che gli consente di capire dove andare a colpire, come intercettare il gusto delle persone e anticipare le mode. Questa è la capacità innata di un grande designer, come Sacco ha dimostrato di essere in quarantuno anni di militanza agli ordini di Mercedes. Per mettersi in mostra ha dovuto comunque sgomitare, dedicandosi a collaborazioni su auto di serie, come la SL Pagoda o la 600, e su concept, come la mitica C111. Quando diviene il capo del Centro Stile porta avanti le sue convinzioni, che si basano su due linee che rappresentano omogeneità orizzontale e affinità verticale. Lui adotta in un ambiente rigoroso e serissimo una rivoluzione, che spinge la Mercedes verso il domani, con una freschezza e un'avanguardia finora mai raggiunte da un brand di lusso. La sua matita, sicura e decisa, traccia le silhouette di tutte le grandi creazioni di Stoccarda tra la metà degli anni '70 fino ai '90. È lui il "papà" della roadster SL, della Classe S, della SEC, della Classe E a doppio faro e, addirittura, della controversa prima generazione di Classe A. Forse, però, il suo successo più iconico è quello della 190, la "Baby-Benz" che ha tracciato un solco netto col passato. Quella berlina di classe media che ha saputo stupire, con una durezza tipica di Mercedes, ma con una modernità impareggiabile.
Fedeltà a Mercedes
Ha resistito alla sirene e ai corteggiamenti di altre realtà automobilstiche, che per lui avrebbero fatto ponti d'oro, restando fedele al matrimonio con Mercedes. Un unicum nel mondo dell'automotive, all'interno del quale i desinger spesso saltano da un'azienda all'altra alla caccia di progetti. Un modus operandi, quest'ultimo, che Sacco ha spesso criticato perché - secondo lui - il designer itinerante continuerà anche altrove a riproporre le stesse idee e gli stessi stilemi, dimostrando una poca serietà nei confronti dell’ipotetico nuovo datore di lavoro. Bruno Sacco, dunque, può vantarsi di essere il collante che ha unito i due mondi, così diversi, di Germania e Italia, utilizzando il linguaggio sopraffino dello stile, dell'eleganza e dell'emozione.
L'insegnamento delle auto che portano la sua firma, è che non occorre essere barocchi, eccessivamente carichi di dettagli, non ce n’è bisogno; perché la gente già sa che la Mercedes è sinonimo prestigio e ricchezza. Basta la parola e, forse, la sua matita.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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