I punti chiave
GIuseppe Garibaldi è il condottiero risorgimentale che ha contribuito con la sua impresa alla testa di mille soldati a unire l'Italia da sud a nord, altresì è stato un generale che ha lasciato il segno in America meridionale, combattendo in Brasile e Uruguay. Per questa ragione gli è stato attribuito l'appellativo di "eroe dei due mondi". Nel campo delle quattro ruote, c'è stato un altro italiano che può essere classificato a ragion veduta come un "eroe dei due mondi", e costui è Giovanni Savonuzzi. Leggendario papà della Cisitalia 202, capolavoro assoluto made in Torino, e pioniere dell'auto a turbina al servizio di Chrysler, nella ruggente capitale dei motori americana, Detroit. La sua carriera è stata straordinaria, come la sua personalità fuori dal comune.
Il trionfo della Cisitalia 202
Giovanni Savonuzzi nasce a Ferrara il 28 gennaio del 1911. Resta precocemente orfano di padre, caduto durante la Prima Guerra Mondiale, ma nonostante il dolore personale prosegue a spron battuto verso i suoi traguardi, che sublimano con la laurea in ingegneria meccanica al Politecnico di Torino. Questo prestigioso attestato gli apre le porte della Fiat, divisione aeronautica. Il suo bersaglio è puntato sull'aerodinamica, che approfondisce in modo serio e meticoloso, con fare certosino, al pari degli studi sul motore a turbina. Sono anni di pura avanguardia che coincidono, purtroppo, con l'entrata in guerra dell'Italia nel secondo conflitto bellico mondiale.
Terminata la guerra, Savonuzzi viene contattato dal famoso pilota e imprenditore Piero Drusio, su suggerimento di Dante Giacosa conosciuto all'interno della Fiat, per entare a far parte di un progetto ambizioso, dal nome Cisitalia. Insieme a un'equipe di luminari del settore, Savonuzzi collabora all'auto da corsa "D46", una monoposto a ruote scoperte con telaio tubolare e motore della Fiat 1100, portato all'estremo della potenza. L'obiettivo dell'azienda era di competere in prima persona nel mondo dell'automobilismo, partecipando alla Formula A, l'embrione della futura F1. Il grande capolavoro, tuttavia, sarebbe arrivato da lì a poco. Nel 1947 viene presentata la Cisitalia 202 dannatamente bella e moderna. Levigata con cura, pronta a fendere l'aria come una spada. La silhouette è la testimonianza delle capacità di Savonuzzi di sapere coniugare l'arte con la scienza. La soluzione con il cofano più basso dei parafanghi anteriori e la superficie continua dall’abitacolo alla coda, farà scuola. La Cisitalia 202, non a caso, viene esposta in modo permanente al MoMa di New York.
Savonuzzi tra Ghia e Chrysler
Insieme al grande motorista Virgilio Cornero, Giovanni Savonuzzi fonda una propria casa automobilistica la SAV (Società Valdostana Automobili) con sede a Pont-Saint-Martin. L'attività dura poco, appena tre anni, tra il 1948 e il 1951. La chiamata successiva è quella della Carrozzeria Ghia, durante la quale si cimenta in una lunga serie di spettacolari prototipi e showcar che hanno fatto la storia, dalla Jaguar XK120 all'Alfa Romeo 1900, passando per la Fiat 8V. Il piccolo gruppo di lavoro, affiatato e dinamico, è l'habitat ideale per dar libero sfogo alla creatività. Nel 1957, però, arriva l'incarico della vita, direttamente da oltre oceano. L'interlocutore in causa è Chrysler, che desidera avere in squadra il geniale Savonuzzi. Il colosso americano lo vuole a Detroit per diventare uno dei responsabili dello sviluppo dell’auto a turbina.
Il nativo di Ferrara fa le valigie e insegue il sogno a stelle e strisce. Tuttavia, nei maendri e nel cuore dell'industria a quattro ruote della prima economia mondiale, fare squadra è cosa diversa. Qui, non si lavora con un manipolo di uomini, ma con una legione di oltre tremila anime. Per molto tempo questo funziona. Savonuzzi cerca di calarsi nella nuova realtà, si tuffa sui prototipi a turbina, dei quali riesce a vedere su strada almeno una cinquantina di esemplari, prima dello stop imposto dai piani alti. Secondo il costruttore americano, alla luce delle problematiche, sarebbero stati pochi i vantaggi per il consumatore. Archiviato l'ambizioso progetto, alla fine degli anni '60 Savonuzzi torna in patria, per immergersi nuovamente nell'universo Fiat per formare un gruppo di tecnici esperti in sistemi di alimentazione e scarico dei motori convenzionali e di propulsioni alternative.
Savonuzzi opta per la pensione nel 1977 e, nel frattempo, non disperde le sue consocenze ma le tramanda ai posteri grazie all'insegnamento al Politecnico di Torino, alla facoltà di Ingegneria meccanica. Il suo primo amore. Muore nella sua città natale, Ferrara, il 18 febbraio del 1987. Chi lo ha conosciuto lo racconta come un uomo d'altri tempi, colto e raffinato, ma sempre umile. Un gigante.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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