Quando qualcuno fa l’opposto di quello che comunemente viene preferito, riceve l’appellativo di “bastian contrario”, che il dizionario letteralmente descrive come: “Persona che contraddice per sistema”. In questo frangente non parliamo di una persona, ma di una macchina. Lei è il classico esempio di quanto detto, perché in un’epoca in cui tutti privilegiano la trazione integrale, lei sceglie quella posteriore; quando ognuno adotta il turbo, lei opta per il compressore volumetrico; infine, mentre ogni vettura inserisce il motore sul davanti, lei lo colloca in posizione centrale. In un mondo dogmatico come quello del motorsport, non c’è scampo per le variazioni, bisogna uniformarsi per vincere. Dunque, che fine può fare un “bastian contrario” su quattro ruote in una categoria così poco tollerante? Beh, vincere. Sfogliando l’albo d’oro del mondiale rally, ponendo l’attenzione sul 1983 si nota l’anomalia: Lancia 037 al primo posto. Una testa dura e una cocciutaggine inaudita quella del Team Lancia-Abarth, una sprezzante convinzione che nonostante stessero remando contro corrente, alla fine il risultato finale sarebbe stato da medaglia d’oro. In questa storia risiede una sana follia, ma la fortuna si sa, aiuta gli audaci.
Audi e Lancia: due mondi opposti
Il campionato del mondo rally 1982 impartisce una lezione importante: la trazione integrale è l’arma vincente, facendo scaricare la potenza a terra da tutte e quattro le ruote ci si assicura un risultato migliore su ogni tipo di superficie. L’Audi lo capisce prima di tutti, e infatti in quell’annata magica costruisce una bacheca per trofei a Ingolstadt e ci mette dentro il primo alloro. Quando si apre il sipario sulla stagione successiva, ogni team cerca di copiare il primo della classe, tutti tranne uno: Lancia. L’Audi quattro è l’auto da battere, i tedeschi hanno una squadra professionale, preparata e tanti capitali da investire nella ricerca e nello sviluppo di questa innovativa macchina da guerra. A Torino, invece, puntano sulla 037 che aveva debuttato un po’ in sordina la stagione precedente. Ha l’aspetto regale delle Lancia del passato, il tocco della Pininfarina è un regalo all’impresa sportiva, ma al contempo assomiglia tanto a un siluro pronto ad abbattere una porta aerei nemica, che nella fattispecie ha i connotati dell’Audi quattro. È cattiva, schiacciata, affusolata ma soprattutto bellissima. Sembra una fuoriserie da kermesse d’eleganza, paragonabile a una dama in abito da sera pronta per danzare un valzer viennese, invece, sotto allo strascico nasconde un potente motore con compressore volumetrico da 330 CV. In poche parole, è pronta sì a ballare, ma tre i tornanti del mondiale rally tra Monte Carlo, Grecia, Finlandia, Portogallo, Nuova Zelanda, Corsica, Italia e altro ancora.
La formazione della squadra e le maldicenze
Il team Lancia viene capitanato da un uomo scaltro e intelligente, Cesare Fiorio, mentre i piloti di punta sono il campione del mondo in carica, il tedesco Walter Röhrl, e il finlandese, Markku Alén, chiamato “Maximum Attack”, perché devoto alla velocità sempre e comunque. Sorge però un piccolo problema, Röhrl non vuole correre in tutti gli eventi del calendario, ma solo in cinque o sei, quelli che ritiene più belli. Il nativo di Ratisbona soffre la popolarità, desidera essere un uomo normale e non uno di quelli speciali che vengono importunati con fotografie e autografi a ogni passo che fa. Il suo desiderio è - stranamente – quello di non essere più campione del mondo. La Lancia accetta questa clausola e si affida al piede magico e alla straordinaria sensibilità del teutonico nelle tappe che lui reputa più opportune. C’è un’altra questione da fronteggiare, le male lingue dicono che la Lancia sia un’auto troppo leggera, fragile e soprattutto pericolosa. Tali maldicenze arrivano anche all’orecchio della famiglia e della cerchia ristretta degli amici di Röhrl, che preoccupati gli chiedono: “Perché firmi con la Lancia? Se fai un’incidente con quell’auto potresti non uscirci vivo”. A questo legittimo quesito, che avrebbe potuto far vacillare chiunque, il campione tedesco risponde laconicamente: “Non ho in programma di fare nessun incidente”. La firma, dunque, resta salda sul documento negli uffici di Lancia, e lo stravagante campione è l’asso in più al servizio del team italiano.
Il testa a testa mondiale
Italia e Germania sono due mondi agli antipodi, due culture contrapposte ma talvolta complementari, che spesso si scontrano dando vita a duelli epici. Se l’esempio più eclatante di questa rivalità - a livello sportivo - si può riconoscere nel famoso Italia-Germania di Messico ‘70, in cui le due nazionali di calcio hanno disegnato allo stadio "Azteca" quella che negli annali è stata classificata come “la partita del secolo”, il duello del 1983 combattuto da Lancia e Audi ha un simile impatto in termini di epicità. Da una parte l’Audi quattro sembra assomigliare a un freddo cyborg indistruttibile, una specie di Terminator prestato all’automobilismo, dall’altro la Lancia ha il fascino romantico di una carica di cavalleggeri all’arma bianca, pronta a sfidare il destino con trombe e vessilli al cospetto di moderne armi automatiche.
All’atteso via della stagione sull’asfalto del Monte Carlo, su quell’insidiose strade di montagna, tutti sanno che l’Audi ha vita facile. Le scommesse a favore dei teutonici pagano a un prezzo stracciato, ma si sbagliano, perché anche per merito di qualche stratagemma, la Lancia piega i campioni in carica e piazza le sue auto nei primi due posti. È il primo capitolo di un libro pieno di tensione, dove i testa a testa sono serrati e i colpi di scena spuntano a ogni pagina, o per meglio dire a ogni curva. Il secondo stage si corre sulla neve svedese, stavolta l’Audi vince in carrozza, anche perché Lancia decide di non partire proprio e di restare a casa. In Portogallo, terzo appuntamento, vince Audi ma Lancia tallona facendo sentire il fiato sul collo dei rivali. In Kenya Audi e Lancia restano all’asciutto, lasciando un po’ di gloria a Opel, ma in Corsica si riaccende la battaglia. Le Lancia sull’asfalto liscio dell’isola francese si esaltano, sfrecciando a velocità inaudite con una furia degna di un’erinni della mitologia greca. Il podio è tutto tricolore, mentre l’Audi si lecca le ferite. Arriva poi la tappa più complicata di tutto il mondiale: il rally dell’Acropoli. Quello che si disputa in Grecia è un evento insidioso, perché oltre alla ghiaia e alla polvere, bisogna avere la scorza dura. Le strade sono un pericolo costante, con buche, rocce e ostacoli continui, dove la resistenza delle vetture viene messa a dura prova. L’opinione pubblica pensa che per Audi sia una passeggiata, mentre per Lancia non resta che una inevitabile débâcle. Per la 037 i sentieri dell’Acropoli saranno un tritacarne, l’italiana si dovrebbe sbriciolare come un paio di frollini tra le dita. È una sorpresa, quindi, scoprire che la gloria è, invece, tutta per Lancia che stravince il prestigioso rally di Grecia, mentre a rompersi in malo modo sono le Audi. A questo punto della stagione la squadra corse Lancia è in testa alla classifica, ma la strada verso l’iride è ancora ricca di dure battaglie. La guerra non è vinta.
La trazione posteriore trionfa per l’ultima volta
In Nuova Zelanda sarà ancora la 037 a prendersi le copertine e a scavare l'impronta sul primo posto con Walter Röhrl. Audi si vendica all’evento successivo, quello in Argentina, mentre in Finlandia si apre un caso: Lancia chiede alla sua punta di diamante, Röhrl, di prendere parte al rally ma il tedesco si rifiuta. Ne ha tutto il diritto, perché nel suo accordo non è previsto il suo servigio in terra finnica, perché lui odia i salti. Al “Mille Laghi”, infatti, si prende letteralmente il volo sui grandi dossi polverosi avvolti nelle fitte foreste di betulle, quindi il pilota tedesco rispedisce al mittente la richiesta, dicendo: “Se volessi volare, prenderei un aereo”. L’Audi vince in Finlandia, ma Lancia si difende con il podio conquistato da Alén.
Mancano tre appuntamenti alla fine del campionato, si corre finalmente in Italia, in quello che è l'atteso Rally di Sanremo. Lancia può vincere aritmeticamente il titolo davanti al suo pubblico, ma deve fare un’impresa. Per l’occasione schiera quattro 037, che alla fine, sfidando la fastidiosa polvere, si piazzano tutte quante nei primi cinque posti. La matematica premia gli sfidanti, gli alunni indisciplinati che sembrano sbagliare i compiti, che non seguono le direttive dei più grandi. La mitica 037 si laurea campione del mondo, Lancia torna sopra tutti e lo fa in modo contro corrente, di testa sua come un vero bastian contrario. Il racconto di quell’anomalo campionato si conclude con la Lancia che non salperà per gli ultimi due rally in Costa d’Avorio e Gran Bretagna, premiando il desiderio di Röhrl di non diventare più campione del mondo. Grazie a quell'assurda decisione il tedesco finisce secondo in classifica piloti, alle spalle di Hannu Mikkola, dei rivali di Audi.
Il 1983 ci ha regalato un alto momento di passione sportiva, di imprevedibile incertezza e di intenso pathos, ma soprattutto ci ha confezionato un’impresa leggendaria di un’auto straordinaria: la Lancia 037, l’ultima trazione posteriore da medaglia d’oro.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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