Cristiano è un giovane idealista, membro di una comunità hippy che si batte per salvaguardare i gabbiani. Suo padre Armando, tutto l'opposto: donnaiolo irredimibile, viveur sfrenato, materialista allo spasmo. L'incontro tra questi due mondi - che è poi l'incontro tra Carlo Verdone e Alberto Sordi, rispettivamente nei ruoli di figlio e padre - è il fulcro di "In viaggio con papà", film uscito nel 1982 e al quale Sordi teneva moltissimo. Avrebbe voluto girarlo già molto tempo prima, insieme a Vittorio De Sica, ma non fu mai possibile. Con Verdone però forma una coppia comunque formidabile.
Cristiano deve raggiungere la comunità in Corsica, ma approfitta di una sosta a Roma per andare a salutare il padre, che farebbe volentieri a meno di vederlo, dato che deve partire da lì a poco la sua giovanissima nuova amante, Federica. Alla fine però si trova costretto ad accompagnare il figlio verso l'isola e il viaggio diventa il modo migliore per snudare differenze e tensioni rimaste irrisolte, oltre che per darsi consigli a vicenda. Il figlio è un pasticcione e non ci sa fare con le donne: Armando può insegnargli molto, ma da Cristiano potrebbe ricevere quella dose di empatia che gli è sempre mancata.
Questo percorso fisico e interiore se lo fanno a bordo di una Mercedes 240 D - figlia del progetto W123, sviluppato a cavallo tra la seconda metà degli anni Settanta e gli Ottanta - un modello che sintetizzava ammirevolmente le esigenze del lusso e della forza. Montava un motore a gasolio da 1400 di cilindrata e poteva contare su una potenza di 137 cavalli. Questo significava che, a pedale premuto fino in fondo, poteva sfiorare i 143 km/h. Passava da zero a cento in 22 secondi. I consumi, per essere gli anni Ottanta, erano super: bastavanoi 9 litri scarsi di gasolio per percorrere 100 km.
Era una berlina lunga oltre 4 metri e dalle classiche forme Mercedes, asciutte ed eleganti. Nell'abitacolo offriva rifiniture e optional capaci di rendere l'esperienza di guida confortevole e adatta ad un target di acquirenti di fascia alta. Il pubblico dimostrò di apprezzare particolarmente tutte queste caratteristiche, convincendo così la casa tedesca a produrre quasi 450mila esemplari.
In Italia l'auto venne ancora più apprezzata dopo l'uscita del film: nella scena finale si vede Sordi andarsene, lasciando Verdone in mezzo
alla strada. Ma poi la sagoma della 240 D ricompare e lo sportello si apre, a segnare la riconciliazione definitiva tra genitore e figlio, avvenuta anche grazie a questo straordinario mezzo di trasporto.
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