Automotive, le false promesse della transizione green e le certezze della crisi

La prima è stata Volkswagen con la minaccia di chiudere tre stabilimenti in Germania. Quindi è toccato ad Audi. Aria di crisi anche per due siti produttivi di Michelin in Francia e per lo stabilimento Bosch di Modugno in Italia. Chi sarà il prossimo?

Automotive, le false promesse della transizione green e le certezze della crisi
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L’impero automotive europeo barcolla sempre di più e non soltanto per la concorrenza cinese, alla quale si dà sempre la colpa per non toccare il vero nervo scoperto: aver indirizzato il settore verso una transizione green su basi puramente ideologiche, senza cioè tener conto delle pesanti conseguenze, che puntualmente si sono presentate, sul sistema industriale delle quattro ruote.
È partita Volkswagen con la minaccia, sempre più prossima, di chiudere tre stabilimenti proprio in Germania; quindi, è toccato ad Audi, della stessa famiglia, comunicare lo stop il prossimo febbraio della fabbrica belga (guarda caso proprio nei dintorni di Bruxelles, sede della Commissione Ue) di Suv elettrici. Chi sarà il prossimo? Anche il sistema automotive italiano trema, visto come stanno andando le cose in casa Stellantis tra produzioni in picchiata, immatricolazioni in rosso, conti preoccupanti e rassicurazioni da parte dei vertici che non convincono.

Crollano i big dell’auto, a partire da Volkswagen, e finiscono per restare disoccupati anche i lavoratori di importanti aziende fornitrici e dell’indotto in generale. Ecco allora un’altra realtà tedesca, il gruppo Schaeffler che produce cuscinetti per motori e trasmissioni, annunciare la soppressione di 4.700 posti in Europa, oltre alla chiusura di due siti. Un ulteriore esempio delle difficolta del settore che sta affrontando piani sociali in cascata che riguardano anche colossi come Bosch, Zf e Continental.

Dalla Germania alla Francia, ora, dove Michelin ha annunciato ai dipendenti degli stabilimenti di Cholet (Maine-et-Loire) e Vannes (Morbihan) la cessazione della produzione entro l’inizio del 2026 al più tardi. C’è comunque l’impegno del gruppo ad aiutare i 1.254 dipendenti a trovare un lavoro a lungo termine. Il calo della domanda di pneumatici per autocarro è la causa di questa crisi.

In Italia, intanto, si guarda sempre alla situazione dello stabilimento Bosch di Modugno, nel Barese, da sempre fiore all’occhiello per la produzione di pompe per motori Diesel, tecnologia finita nell’occhio del ciclone sulla scia del Dieselgate e alla quale non vengono riconosciuti i successivi progressi relativi al considerevole taglio delle emissioni. Al momento continua, seppur rallentata, la produzione per i sistemi Diesel. L’azienda ha portato in Puglia anche componenti per biciclette elettriche e il personale (700 gli esuberi già dichiarati) viene formato per eventuali altre attività del gruppo. La situazione resta comunque difficile.

L’impero automotive europeo barcolla, dunque, e a Bruxelles che si dice? C’è la cosiddetta “maggioranza Ursula bis” che si regge sui Verdi, nonostante la componente sia uscita fortemente ridimensionata dopo il recente voto, e poggia sul Partito popolare europeo, molto polemico sulla strategia “anti CO2” che punta alla sola mobilità elettrica dal 2035 e che preme per portare a una revisione di questi piani.

Nella stessa Commissione, inoltre, ci sono politici “controcorrente” del centrodestra, come il commissario greco designato ai Trasporti, Apostolos Tzitzikostas, che spinge perché sia tenuta la barra dritta sul 2035. Insomma, una visione completamente diversa rispetto a chi si trova all’opposizione e fa parte dello stesso pensiero politico. “Ma c’è una maggioranza alternativa – avverte l’eurodeputata Isabella Tovaglieri (Lega) – che a ogni votazione riesce a compattarsi. La Commissione, a questo punto, dovrà scendere a miti consigli”.

E mentre a Bruxelles domina il caos e l’ideologia green tiene duro, le fabbriche chiudono, migliaia di lavoratori vanno a casa e l’impero automotive europeo rischia di soccombere o di essere inglobato dai competitor cinesi. C’è ancora tempo, anche poco, per scongiurare il disastro. Comunque andranno le cose, i responsabili di questo cataclisma ne dovranno rispondere.



Chi sarà il prossimo? Anche il sistema automotive italiano trema, visto come stanno andando le cose in casa Stellantis tra produzioni in picchiata, immatricolazioni in rosso, conti preoccupanti e rassicurazioni da parte dei vertici che non convincono.

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