“Il business nel 2024 è crollato drammaticamente, ma in questi mesi nessuno ha mosso un dito”. Quello che dice Pasquale Morgese, azionista al 27,5% di Fenice Srl, la dice lunga su come l’impero di Chiara Ferragni abbia imboccato una crisi senza precedenti dopo lo scandalo del pandoro. Ed è, in qualche modo, la prima volta che si fa riferimento ai dati economici dell’azienda dell’influencer italiana più famosa di sempre dal momento che né Sisterhood (la holding del gruppo) né Fenice (altra società chiave della galassia che ha in pancia i marchi Chiara Ferragni) hanno ancora pubblicato i bilanci del 2023.
Una situazione di stasi totale che ha portato i soci di Fenice (oltre a Morgese, Ferragni ha il 32,5% e l’imprenditore Paolo Barletta il 40%) ad affidarsi alle mani esperte del manager Claudio Calabi, oggi ufficialmente nominato nuovo amministratore unico della società. Contestualmente, fanno un passo indietro la stessa Ferragni dalla carica di amministratrice delegata e Barletta da quella di presidente.
“Io ho investito 12 anni della mia vita in questa società che da quasi un anno, da quando è scoppiato il pandoro-gate, è bloccata”, prosegue Morgese, ora serve “un piano industriale per capire che cosa fare. Poi bisognerà trovare le risorse per svilupparlo, si cercheranno prima internamente e poi, eventualmente, all’esterno”. Non è da escludere, quindi, che i soci possano mettere mano al portafoglio con un aumento di capitale, in attesa di trovare nuovi alleati.
La scelta all’unanimità di Calabi - manager di grande esperienza in ristrutturazioni e rilanci aziendali e con un passato in Italtel-Psc e Rcs – è servita a sbloccare un empasse durato mesi, con l’intero gruppo che ha dovuto affrontare un debacle notevole a seguito della crisi reputazionale piombata addosso a Ferragni (indagata per truffa aggravata nell’ambito della vicenda dei panettoni Balocco). Secondo Morgese, che ha spinto molto per avere la convocazione dell’assemblea, Calabi “ha un compito impegnativo, però nella sua carriera ha avuto problematiche ben maggiori da risolvere e ci è sempre riuscito benissimo. Spero faccia lo stesso lavoro anche su Fenice”.
La soluzione è stata caldeggiata da Morgese dal momento che, a suo dire, il tandem di amministratori – Ferragni e Barletta – non era ancora riuscito a mettere in piedi un piano di rilancio dopo un anno dallo scoppio dello scandalo alla fine del 2023. C’è attesa per conosce i numeri del bilancio del 2023 (nel 2022 Fenice aveva totalizzato un fatturato di 14,2 milioni mentre Tbs Crew 14,6), anche se quell’anno in realtà non era ancora stato intaccato dallo tsunami reputazionale. Verosimile che i conti siano virati al rosso a partire da quest’anno.
Adesso l’obiettivo è ripartire: il vero problema, però, è che la società finora è ruotata intorno alla figura di Ferragni, un tempo un Re Mida capace di far scattare in Borsa le società che avviavano collaborazioni con lei e oggi, almeno da alcuni, considerata una figura da cui prendere le distanze. “Gli amministratori – afferma Morgese attaccando Ferragni e Barletta - con questo immobilismo hanno solamente aspettato gli eventi e quasi tutti i licenziatari hanno rimesso i loro contratti, tranne due. A quanto mi risulta, sono rimasti solo Morellato e Mofra, che fa riferimento a me e mio fratello.
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