Carlo Rienzi e il Codacons, di cui Rienzi è fondatore e presidente, sono da anni in prima linea per evitare che i cittadini vengano condizionati nelle loro scelte di consumo da messaggi ingannevoli. Non sempre animata da argomentazioni condivisibili dal Giornale, è però indubbio che l`azione del Codacons sul fronte della pubblicità ingannevole ha in più occasioni disinnescato campagne subdole oggettivamente meritevoli di messa all`indice. Fino a dare vita a un vero e proprio Osservatorio permanente sulle pubblicità, che si avvale della collaborazione di molti prestigiosi professionisti, impegnati in diversi campi, dalla comunicazione alla medicina.
Avvocato Rienzi, pochi giorni fa avete presentato una diffida contro Barilla. Cosa vi ha spinto?
«Il nostro Osservatorio ha analizzato le ultime pagine pubblicitarie che il Gruppo Barilla ha promosso su alcuni quotidiani nazionali e abbiamo chiesto informazioni puntuali sui dati e sulle azioni concrete in tema di sostenibilità, che possano giustificare i contenuti del messaggio pubblicitario veicolato. Abbiamo perciò chiesto all'azienda di sospendere la pubblicazione fino a che non sarà stata fatta chiarezza sui reali impegni assunti verso i consumatori, con dati verificati anche da noi».
Dal tenore della diffida si capisce chiaramente che temete di essere di fronte a un'operazione di greenwashing.
«Proprio così. Da anni lavoriamo a smontare pubblicità che le aziende pagano per darsi una verniciata di verde. Studiamo i dati e quindi agiamo. Lo scopo è sempre quello: proteggere i cittadini da queste azioni di greenwashing sempre più diffuse».
Per le posizioni che avete assunto, forse si dovrebbe parlare di social washing.
«Ha ragione, perché i contenuti di molte di esse riguardano l`intero perimetro della responsabilità sociale delle aziende, che oltre all`ambiente, comprende le condizioni di lavoro, il benessere degli animali e altro. Barilla peraltro ha anche alcuni problemi oltreoceano».
Allude alle vicende legate al lancio di "Italy`s-Brand of Pasta" negli Stati Uniti?
«Appunto. Il 28 maggio è stata certificata una class action da una giudice della California che denuncia Barilla per aver ingannato i consumatori sull'origine della pasta. Per farla semplice, la giudice Donna M. Ryu ha accolto il ricorso di alcuni consumatori che hanno accusato la società di Parma di italian sounding. I consumatori denunciano che il riferimento all`Italia riportato sui pacchi di pasta, compresa una bandiera tricolore, li avrebbe platealmente ingannati. Perché in realtà la pasta è stata prodotta negli stabilimenti americani di Barilla. Sarebbe un fatto grave se ciò fosse confermato, come crediamo che sia da considerare preoccupante l`iniziativa che si sta portando avanti sulla dieta mediterranea».
Si riferisce all'associazione Mediterranea, nata da Unionfood e presieduta da Paolo Barilla? Quella dove Confagricoltura ha un ruolo fondamentale?
«Esattamente. Per noi è ingannevole legare la dieta mediterranea, patrimonio dell'umanità per l'Unesco, con gli interessi di multinazionali che nulla c'entrano con le nostre produzioni tipiche e genuine. Cibi artificiali, merendine ultraprocessate, aziende che vengono condannate per ostacolo al commercio o pratiche sleali. Dobbiamo difendere la dieta mediterranea da tutto questo».
Ma dove sta l`inganno per i consumatori?
«Proprio nel nome Mediterranea. Sotto questo cappello vorrebbero far passare di tutto.
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