Baccini: «Il proporzionale? Idea straordinaria»

Non confluiremo nel Pdl: saremo il centro riformista

da Roma

Può non esultare per la «svolta berlusconiana» chi, come Mario Baccini da anni reclama per se il titolo di «templare del sacro proporzionale»? «Positiva? La scelta di Berlusconi è straor-di-na-ria-men-te positiva» rileva calcando i toni sulle sillabe. «Siamo finalmente ai margini della terza Repubblica, dopo 15 anni di fallimenti nel corso dei quali tutti si dicevano pronti ad aprire i cantieri delle riforme e nessuno lo faceva... Finalmente si chiude un’era» assicura soddisfatto il senatore dell’Udc al quale probabilmente sta più che bene il ritorno al passato, a quel «moriremo democristiani» che pareva definitivamente cancellato dalle pagine di questo nuovo millennio. «Si chiude col ritorno al proporzionale quel muscolarismo bipolare che ha fatto solo danni al Paese...», si spertica lui.
Scusi Baccini: ma l’attuale sistema di voto, e cioè la «porcata» ammessa da Calderoli, non eravate state voi a volerla? Non è stato forse proporzionale il voto del 2005?
«Ah, ma quello era un voto senza preferenza, in cui si affidava tutto alle oligarchie dei partiti. Adesso si torna ad affidare agli elettori la libertà di scelta».
Scusi ancora: ma non teme che col ritorno alla preferenza rispunti dalla finestra il clientelismo rovina della prima Repubblica?
«Solo chi vuol mantenere il suo cadreghino può esser sospettoso del ritorno alla preferenza. C’è troppa gente che in questi anni è cresciuta nell’arengo politico con uno zero assoluto nel suo rapporto con la gente. È ora che si ritorni alla politica: quella vera».
Sembra molto sicuro che si profili un’intesa tra Berlusconi e Veltroni...
«Mi limito a osservare che c’è una cospicua maggioranza a sostenere la necessità di una legge elettorale sul modello tedesco. Berlusconi vi ha accennato esplicitamente e la sua apertura è un ottimo viatico. Senza contare che per noi dell’Udc - che parevamo soli in marcia nel deserto - è motivo di gran soddisfazione sentirci legittimati dai ragionamenti di questi giorni anche di Veltroni e dello stesso Fini. Certo, non mi nascondo le difficoltà di arrivare in meta e i rischi che qualcuno giochi la partita come una scorciatoia, per vincerla a tavolino prima del voto. Ma intanto il muro del bipolarismo è venuto giù».
Ma senza intesa non lo intravede il rischio che si passi al referendum che il bipolarismo lo rafforza, cancellando di fatto il proporzionale che reclamate?
«Non esorcizzo il referendum, ma non ci credo. Sarebbe la vittoria definitiva dell’antipolitica. E poi, se davvero non ci fosse intesa come potrebbero fare Berlusconi e Veltroni a non tornare a casa, lasciando definitivamente la scena, visti i loro asseriti pentimenti sul bipolarismo? No. Sono certo che siamo alla vigilia dell’apertura di un nuovo scenario con nuovi soggetti politici. Bene, benissimo ha fatto Berlusconi a muovere, scompaginando i Poli».
Quel che non ho capito bene, comunque, è come si dispone l’Udc davanti a questo nuovo panorama. Resta l’alleanza con l’erede di Forza Italia o vi tenete le mani libere?
«Siamo interessati a vedere cosa farà Berlusconi, ma non intendiamo nel modo più assoluto confluire in questa nuova formazione. Si torna alla politica e dunque ai programmi, no? E dunque ci atterremo a quelli: ai riferimenti sociali che da sempre sono nostri, ai valori come quelli della famiglia e del cattolicesimo contro il neo-paganesimo che, s’è visto, è prevalso alle estreme. Come intendiamo porci in questa nuova fase: secondo me rappresenteremo un centro riformista temperato che si candida alla guida del governo».
Senatore Baccini: a me questo vostro voler essere «cosa bianca» al centro, pare un tantinello simile a quella tattica cara alla vecchia Dc: mettersi in mezzo e iniziare a dialogare coi fornai di destra e sinistra per scegliere da chi comprare il pane...
«Si sbaglia.

Bisogna riprendere le fila della vera politica e in primo piano ci dev’essere l’interesse del Paese. Dunque a che vale dirsi di centro-destra o di centro-sinistra? È sui programmi che reclamiamo il confronto. Disposti all’intesa con chi sarà pronto ad appoggiare le nostre idee di risanamento del Paese».

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