BALENE I giganti del Mediterraneo

Nel Mar Ligure un «Santuario» in cui i cetacei convivono felicemente con l’uomo Nonostante gli allarmismi

No, le balene non stanno abbandonando il Mar Ligure, come qualche voce annunciava giorni fa, con un tentativo di scoop tipicamente estivo, per cercar spazio in telegiornali e quotidiani. Ne parlo con uno scienziato del mare che nel Santuario dei cetacei vive tutto l’anno e fu tra i promotori e sostenitori di questa grande area protetta, Antonio Di Natale, direttore scientifico dell’Acquario di Genova. Con lui salirò verso la terrazza dell’Acquario. Nella superficie delle vasche si riflettono il cielo, la luce del sole e l’ombra delle nubi. Davanti a noi il grande golfo e oltre, lasciandosi Genova alle spalle, il mare libero dell’area del Santuario dei cetacei, esteso sino alla Corsica e alla Costa Azzurra.
Primo ad accennarmi della creazione del Santuario fu, agli inizi degli anni Novanta, Giuseppe Notarbartolo di Sciara, esperto studioso di cetacei; con il suo «Istituto Tethys», in stretti rapporti con l’Acquario di Monaco, stabilì piani di ricerca e intraprese studi. La successiva gestazione internazionale e altri interventi di elevato livello scientifico hanno contribuito, seppure lentamente, al superamento di difficoltà burocratiche e politiche. Infine l’attuale successo. Ovviamente i biologi del mare dovranno affrontare altre ricerche complesse, perché questo genere di studi non si pone traguardi da raggiungere ma un arricchimento della conoscenza, calibrandola sul mutare continuo delle condizioni ambientali. Tuttavia il Santuario è oggi una realtà ammirata a livello internazionale; importante perché l’area, estesa a tutto l’alto Tirreno, al Mar Ligure e all’intero bacino corso-ligure-provenzale, non si riferisce a uno spazio oceanico deserto, lontano da terre abitate, ma ad acque dal traffico navale intenso, con importanti porti, Genova, Marsiglia, La Spezia, Savona, e cento altri minori. Affermandosi qui, il Santuario sta dimostrando una possibile convivenza tra uomo e cugini cetacei, malgrado l’impatto con le attività del tempo moderno. I cetacei dell’alto Tirreno da queste acque non fuggono, anzi, aumenta la presenza; nel centinaio di anni dacché è iniziato un intenso traffico navale a motore, sembra siano riusciti ad adattarsi al disturbo dei segnali dei sonar civili e militari.
Anche a un altro ricercatore al lavoro nei mari del mondo, Federico De Strobel, debbo l’essere stato periodicamente aggiornato sul contributo agli studi nel Santuario dei Cetacei offerto dal progetto cui da tempo collabora, il Solmar (Sound, oceanography and living marine resources). Fin dal ’98, De Strobel ha contribuito alle ricerche volte a comprendere gli effetti generati sui cetacei dall’inquinamento acustico; con il preciso impegno di mitigare, nel Santuario, l’influenza di sorgenti sonore ad alta intensità e bassa frequenza, utilizzate sia in geofisica sia in applicazioni militari. «Abbiamo raccolto e catalogato - dice - migliaia di ore di registrazioni. Alcune le chiamano “conversazioni”, altre le definiscono “canti”; realisticamente noi li classifichiamo come “suoni scambiati tra i cetacei”. Un archivio a disposizione delle comunità scientifiche. Particolare contributo offerto alla conoscenza delle vocalizzazioni anche degli zifii, mammiferi marini schivi e di cui pochissimo si conosce».
Leggere dati e notizie sul progressivo successo del Santuario dei cetacei mi riempie di gioia anche per un motivo personale; nello spiegare l’abbondanza di vita di queste acque, gli specialisti fanno riferimento al sommarsi di energie in due ambienti naturali a me egualmente cari, il mare e la montagna. Infatti se i cetacei abbondano nel triangolo marino del Santuario lo dobbiamo anche al contributo offerto dal maestrale nato nelle Alpi Liguri e Marittime. Con la sua forza gioca un ruolo importante nell’abbondanza di vita dell’alto Tirreno, perché come vento freddo cala dai monti al mare dove abbassa la temperatura dell’acqua di superficie, ne aumenta la densità e provoca il suo sprofondamento. Moto perpetuo che incrementa gli anelli delle catene alimentari. Dai minuscoli crostacei pelagici, dai pesci piccoli ai più grandi, tutti trovano in questo mare abbondanza di cibo perché il gioco delle correnti indotto dal maestrale strappa al fondo e trascina verso la superficie il krill, ovvero masse dense e nutrienti di minuscoli gamberetti, alimento preferito delle balenottere.
Infine, c’è un altro motivo per rallegrarci del successo di quest’area protetta. Conoscerne i suoi «sudditi», balene, delfini, a volte anche capodogli, non è privilegio degli specialisti, dei biologi del mare che seguono con navi attrezzate la vita dei «nostri» cetacei.

Ma è una ricchezza che chiunque può godere su una delle tante imbarcazioni che salpano dai porti in Liguria e sanno dove portare i loro ospiti affinché possano vedere e fotografare i giganti del mare. Il successo mondiale del whale watching (milioni di appassionati nell’osservazione delle balene) tocca oggi anche i nostri mari. E contribuisce alla crescita di una vera coscienza ecologica. Grazie, balene.

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