Banche e imprenditori hanno incontrato premi Nobel e studiosi di geopolitica. Negoziati in corso con Bankitalia e Tesoro per i futuri rapporti tra i due Paesi San Marino sogna di diventare il Liechtenstein La Repubblica del Titano vuole trasformarsi in un

nostro inviato a San Marino

Il presente di San Marino sono le decine, forse centinaia, di negozi di chincaglierie da turismo frettoloso, allineati lungo le stradine che portano alla Rocca. Oppure le strutture societarie che, con qualche tocco artigianale (a dir la verità sempre più difficile, in tempi di Visco imperante), consentono magiche triangolazioni fiscali, in grado di alleviare il peso dell’Iva a non poche aziende italiane.
Il futuro, invece, è quello di una piazza finanziaria internazionale, a metà tra Liechtenstein e Montecarlo, capace di offrire, grazie a imposte leggere e riservatezza bancaria, un porto sicuro (e “pulito”) alla massa di capitali che, in giro per il mondo, sono sempre pronti a cambiare approdo e bandiera. Questa, almeno, è la speranza delle banche e degli imprenditori della Repubblica del Titano. Che per testimoniare la volontà di cambiare marcia hanno convocato sulla Rocca una “due giorni”, chiusa ieri, a base di premi Nobel per l’Economia (Robert Mundell), studiosi di geopolitica (Edward Luttwak), ministri (da Montecarlo all’Irlanda) per ascoltare e dibattere una ponderosa radiografia dell’economia locale preparata dai consulenti di Ambrosetti e le proposte del nuovo advisory board economico della Repubblica (a formarlo sono l’ex ministro Lucio Stanca, l’ex presidente Consob Spaventa e l’economista di area Ds Nicola Rossi).
Per la Repubblica più antica del mondo il cammino verso la modernità dell’economia globalizzata è, sorprendentemente, iniziato appena una paio di anni fa. Fino al 2005 non esisteva nemmeno una banca centrale. Da allora i sammarinesi sembrano aver fatto le cose sul serio: presidente è stato nominato un commercialista locale (Antonio Valentini), direttore generale un ex funzionario di Banca d’Italia, capo della vigilanza un altro ex di Via Nazionale. Anche se il punto di partenza non è dei più grandiosi (in tutto la raccolta delle 12 banche locali è di 12,7 miliardi di euro, più o meno pari a quella della sola Cassa di Risparmio di Rimini) l’obiettivo è quello di mettere le basi per lo sviluppo. Alla Banca nazionale di San Marino è stato affidato il compito di preparare le regole per il nuovo settore finanziario: dalle assicurazioni ai fondi di investimento. Entro la fine dell’anno il terreno dovrebbe essere pronto per i primi fondi. E un negoziato in corso con Banca d’Italia dovrebbe consentire di venderli presto anche nella Penisola con il trattamento fiscale più favorevole dei prodotti Ue armonizzati. Altre trattative sono in corso con i rappresentanti del ministero dell’Economia, a proposito della normativa tributaria che dovrà regolare in futuro i rapporti tra i due Paesi.
Il sistema impositivo è del resto uno dei grandi atout del piccolo Stato: l’aliquota (unica) per le imprese è stata abbassata dal 24 al 19% e per il 2007 verrà ulteriormente ridotta al 17. Il recente accordo raggiunto a Bruxelles sulla euroritenuta per le rendite finanziarie ha salvaguardato un tema caro ai sammarinesi, quello della riservatezza bancaria. Finanza protagonista, dunque. Ma non solo. Tra le proposte dell’advisory board la nascita di un’università, lo sviluppo del settore manifatturiero (oggi rappresenta il 40% del Pil, quasi il doppio dell’Italia) e, Montecarlo insegna, un nuovo impulso al turismo. Primo obiettivo: cambiare clienti.

Per il momento la Repubblica attira solo visitatori mordi e fuggi. Nei prossimi anni si punterà al turismo di alta gamma. E quando il processo sarà compiuto, al posto dei negozietti di souvenirs, ci saranno forse gli store dei grandi marchi internazionali del lusso.

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