Ubs, dietro l’utile monstre spunta un cavallo di Troia

Nella classifica globale di Dealogic riguaro alle commissioni da investment banking Ubs è scivolata dal quinto al settimo posto nonostante oggi le sue dimensioni siano aumentate

Ubs, dietro l’utile monstre spunta un cavallo di Troia
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«Il 2024 sarà un anno cruciale». Sergio Ermotti, ceo di Ubs, ha utilizzato questo aggettivo dal significato ambivalente per descrivere l’impegno da affrontare per digerire il boccone Credit Suisse che, a leggere bene i risultati 2023, rischia di andare di traverso al colosso bancario elvetico. Non bisogna, infatti, farsi ingannare dall’utile monstre conseguito l’anno scorso di 29 miliardi di dollari. Senza il badwill, l’avviamento negativo collegato al salvataggio travestito da acquisizione del Credit, i profitti si sarebbero attestati a un centinaio di milioni, che per un gigante da oltre 110mila dipendenti sparsi per il mondo significa che da qualche parte c’è una falla nello scafo. A quanto è ammontato il badwill, dunque? A 28,9 miliardi di dollari ed è rappresentato dalla differenza tra il patrimonio netto rettificato di Credit Suisse e il prezzo pagato da Ubs per comprarla (circa 3,3 miliardi di dollari). Insomma, il governo svizzero (auspici Fed, Bce, BoJ, Bns e BoE) fece un «regalone» a Ermotti & C. pur di evitare un altro caso Lehman che avrebbe travolto l’economia della Confederazione e quella di tutti i Paesi sviluppati.
Il compito del manager luganese è ora evitare che il dono si tramuti in un cavallo di Troia giacché l’emergere di un badwill denota problemi di redditività dell’asset acquisito. Non sarà per nulla facile: negli ultimi due trimestri del 2023 Ubs ha perso complessivamente 1 miliardo di dollari. Il target dei tagli ai costi è stato alzato da 10 a 13 miliardi di dollari. Nel 2023 il numero dei dipendenti si è ridotto di 17mila unità. Gli analisti si attendevano un taglio di 35mila posizioni dopo l’ingresso di Credit Suisse nel gruppo.
Certo, l’integrazione è ancora da completare, ma i costi correlati alla fine del primo anno sono già ammontati a 4,7 miliardi. Non si tratta dell’unica sfida: il Rote (il rendimento del patrimonio netto tangibile) è solo al 4%. Unicredit, che ha chiuso un 2023 brillante, ha ottenuto una performance quattro volte superiore con un ratio del 16,6% che il ceo Andrea Orcel conta di confermare anche quest’anno.


Nella classifica globale di Dealogic riguaro alle commissioni da investment banking Ubs è scivolata dal quinto al settimo posto nonostante oggi le sue dimensioni siano aumentate. Ermotti, di cui il presidente Ubs Colm Kelleher ha annunciato l’avvicendamento a fine mandato, non ha sbagliato. Il 2024, anno in cui si dovrà completare la fusione con Credit Suisse, sarà veramente «cruciale».

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