L’Ops di Unicredit su Banco BPM ha scatenato le reazioni politiche di due “pesi massimi” del governo: il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, e il vicepremier e leader leghista, Matteo Salvini.
La posizione di Giorgetti
Il ministro dell'Economia ha lamentato la mancanza di una preventiva consultazione con il governo da parte di Unicredit. ”L’operazione è stata comunicata, ma non concordata col governo”. E ha aggiunto: “Poi vedremo, come è noto esiste la golden power. Il governo farà le sue valutazioni, valuterà attentamente quando Unicredit invierà la sua proposta per le autorizzazioni del caso”. Il ministro ha sottolineato che un'operazione di tale portata dovrebbe prevedere una trasparenza istituzionale maggiore, lasciando intendere che il "galateo" in queste circostanze prevede che il Tesoro venga informato.
Tuttavia, Giorgetti ha ricordato che il governo ha a disposizione lo strumento della golden power, che potrebbe essere esercitato qualora l'operazione venisse ritenuta lesiva dell'interesse nazionale. Con una citazione di von Clausewitz, “il modo più sicuro per perdere la guerra è impegnarsi su due fronti, poi chissà che magari questa volta questa regola non sarà vera”, ha suggerito la complessità di impegnarsi su più fronti, considerato che l’istituto guidato dal Ceo Andrea Orcel punta anche alla tedesca Commerzbank.
La posizione di Salvini
Il vicepremier, dal canto suo, ha espresso un forte scetticismo sull'operazione, sottolineando il rischio di creare concentrazioni eccessive nel settore bancario e di favorire interessi stranieri rispetto a quelli italiani. “A me le concentrazioni e i monopoli non piacciono mai. Ero rimasto al fatto che Unicredit volesse crescere in Germania. Non so perché abbia cambiato idea. Unicredit ormai di italiano ha poco e niente: è una banca straniera”, ha rimarcato.
Salvini ha ribadito il suo storico sostegno a un terzo polo bancario italiano che includa Mps e Banco Bpm. “A me sta a cuore che realtà come Bpm e Mps, che stanno collaborando, soggetti italiani che potrebbero creare il terzo polo italiano, non vengano messe in difficoltà”, ha aggiunto non escludendo che ci possano essere manovre ostili: "Non vorrei che qualcuno volesse fermare l’accordo Bpm-Mps per fare un favore ad altri.", e ha interpretato l'operazione di Unicredit come un possibile tentativo di bloccare tale progetto. Così, non ha mancato di lanciare una stoccata a Banca d’Italia, "L’interrogativo mio e di tanti risparmiatori è: Banca d’Italia c’è? Che fa? Esiste? Che dice? Vigila?", ha evidenziato criticando l’operato di Via Nazionale.
"Siccome sono tra i più pagati d’Italia, da cittadino italiano vorrei sapere se è tutto sotto controllo", ha concluso sollevando dubbi sul suo ruolo di vigilanza e chiedendo maggiore trasparenza e responsabilità da parte dell’istituzione.
La questione di fondo
Pur se i commenti non sono stati formulati con le stesse modalità, le parole di Giorgetti e Salvini sembrano riflettere due differenti problematiche. Giorgetti, con un approccio tecnico e istituzionale, punta a gestire l'operazione nell'ambito degli strumenti normativi a disposizione, senza aprire conflitti frontali. Salvini, invece, ha adottato una linea più politica, difendendo l'identità italiana delle banche e criticando l’eventuale perdita di controllo nazionale.
Ma c’è un nodo più profondo
Unicredit-Banco Bpm sarebbe la seconda operazione italiana di rilevante portata degli ultimi anni dopo Intesa Sanpaolo-Ubi del 2020. Integrazioni che hanno messo in luce la “solitudine” di Mps rispetto a questo quadro in movimento (cui si potrebbe aggiungere anche il rafforzamento di Unipol in Bper e in Popolare Sondrio).
La resistenza a inglobare una banca con problemi storici di bilancio (oggi però superati grazie all’operato dell’ad Lovaglio) suona comunque critica rispetto alle aspettative di un governo che non ha mai nascosto di “fare il tifo” per il terzo polo oltre Intesa e Unicredit. E il fatto che Giorgetti abbia ventilato l’esercizio della golden power sembra proprio significare che una delle bussole è la salvaguardia degli interessi nazionali.
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