Quel "Bastardo" di Caldwell è un purosangue della vita

Figlio di una prostituta, incestuoso e assassino: riassume il senso e le atmosfere care al suo autore

Quel "Bastardo" di Caldwell è un purosangue della vita

Nel 1982 la Paris Review, la rivista più cool dell'epoca, inviò due giornalisti - Elizabeth Pell Broadwell e Ronald Wesley Hoag, per la cronaca - a intervistare il mito. L'appuntamento era in un motel a Scottsdale, Arizona. «Mi riconoscerete dai calzini neri», aveva detto lo scrittore, reo della solita, erculea, ironia.

Erskine Caldwell andava per gli ottant'anni: faccia larga, a metà tra il mastino e l'angelo, che ancora campeggia sulle copertine dei suoi libri. «Con oltre ottanta milioni di libri venduti, tradotti in quaranta lingue diverse, Caldwell è uno degli autori più letti del XX secolo», precisarono i giornalisti. Caldwell scortò i due dal motel a casa: una villa «in stile spagnolo» a bordeggiare il deserto. Nella biblioteca, nessuna traccia dei suoi romanzi. La quarta moglie, Virginia, gentile, bella, aveva illustrato alcuni libri del marito. Per un po' - tre anni - Caldwell era stato sposato con la fotografa Margaret Bourke-White: insieme, avevano firmato alcuni fotodocumentari di successo come You Have Seen Their Face (1937), sulla condizione dei contadini del Sud degli States. Durante la Seconda guerra, si spostarono in Unione Sovietica: lì Caldwell scrisse alcuni folgoranti reportage raccolti in Mosca sotto il fuoco, primo dei molti libri stampati in Italia nella «Medusa» Mondadori.

Il successo di Caldwell si deve soprattutto, tuttavia, a due romanzi. Da Tobacco Road (1932) fu tratto uno dei più longevi successi di Broadway e un formidabile film di John Ford. Anche da Il piccolo campo (1933) distillarono un film: girato da Anthony Mann nel 1958, recava sui cartelloni questa frase: «Finalmente sullo schermo l'esplosiva, laida storia che ha intrigato 20 milioni di lettori!». Caldwell era lo scrittore dei derelitti, di uomini che piantumano invidie e vendette nelle piantagioni del Sud; era il romanziere della sessualità ferina, sfrenata, mai letta prima, impensata nei libri di Steinbeck o di Faulkner.

Nato in Georgia nel dicembre del 1903, unico, scapestrato figlio di un pastore presbiteriano, ai giornalisti della Paris Review Caldwell fece l'effetto di un eterno giovanotto: fulvo, occhi azzurri, spalle larghe. Da ragazzo, era un eccellente giocatore di football; non riuscì a prendere la laurea, per un po' fece la guardia del corpo. A differenza dei colleghi, Hemingway, Faulkner & Co., non lo onorarono con lauti premi, la critica lo guardava guardinga. Nel coccodrillo in sua memoria, il New York Times ricorderà che Caldwell, «il prolifico autore che ha raccontato le privazioni e le depravazioni della Depressione e del profondo Sud», aveva optato per una sorta di rognosa solitudine, «negli ultimi vent'anni della sua vita, preferì l'oscurità: evitava le interviste e le apparizioni pubbliche». D'altronde, erano gli anni di Thomas Pynchon e di Truman Capote, sarebbero venuti gli anni degli scrittori minimal, Raymond Carver, Jay McInerney; sarebbe venuto Bret Easton Ellis. Erskine Caldwell, un reduce dell'epopea della grande letteratura americana, restava ai margini del nuovo mondo, restava l'intrattabile pitbull del romanzo. Morto nell'aprile del 1987 per un cancro ai polmoni, passava mesi in giro per il pianeta, ossessionato dalle sue ombre, disinteressandosi dei salotti statunitensi.

Ai giornalisti che erano andati a stanarlo, svelò il suo segreto. «Prima di scrivere, ascolto. Ascolto quello che si dice al bar, al deposito dei legnami, per strada. Prendo nota di storie straordinarie e inusuali: la gente, un tempo, sapeva trasformare il più infimo incidente in un racconto epico». In contrasto con la narrativa di vaglia, Caldwell non amava la trama. «Non mi interessa la trama, amo le persone. Amo l'uomo. Non ho bisogno di ispirazioni, ma di esperienza. Ad esempio. Vedo uno scuolabus dalla finestra. Mi domando dove è diretto. Mi domando chi lo guida. Immagino la scuola, gli insegnanti. Che faccia ha quell'insegnante? In quali vite è travolto? Poi penso agli insegnanti che ho avuto io... e via di seguito. L'immaginazione dilaga, una specie di febbre ti anima, ti solleva, ti trascina».

Aveva esordito nel 1929 con un romanzo di radiosa ferocia, Il bastardo (un tempo edito da Mondadori, ritorna in versione restaurata per le Edizioni De Piante, pagg. 160, euro 22). Nell'anno in cui Faulkner esce con L'urlo e il furore e Hemingway pubblica Addio alle armi, Caldwell racconta la truce storia di Gene Morgan, un perduto, un araldo del caos braccato dall'incubo americano. Figlio di una prostituta che «l'avrebbe ucciso» appena nato, «se una vecchia negra non si fosse offerta di allevarlo», Gene azzanna l'ultimo cliente della madre. Il tizio gli dice che se l'è fatta per cinque dollari, gli dice che la sera prima «aveva avuto ventisette uomini», che il suo nome si moltiplica, come il fiore della lebbra, in innumeri nomignoli affibbiatile dai clienti: Gertie, Denver Sal, Rose of Scranton, Big Butt Bessie... Quando gli dettaglia del «seno sinistro senza un capezzolo perché qualche fantino ubriaco glielo aveva staccato coi denti», Gene esplode, ammazza lo sconosciuto con una pistola, lo getta nel fiume. Incontrerà la madre in un postribolo di Filadelfia: la vuole, fa l'amore con lei - lei non riconosce in quel giovane cliente il profilo del figlio.

Il romanzo, che alterna i cupi toni della tragedia greca al noir, specie di torbido romanzo di formazione, fu messo al bando, sancito dalla censura; presto diventò di culto. L'universo raccontato da Caldwell è intriso di nero erotismo, di uomini lividi, di laidi umori, di fame e di foga, di fuggiaschi e di fogne: Il bastardo, un Edipo re con le iene al posto della Sfinge, con i bassifondi di Lewisville in vece della corte di Tebe, è il romanzo del mero istinto, della meravigliosa ira, dell'irragionevole. Con il senno di poi, è facile ravvisare nel Bastardo il preludio dei romanzi più cruenti ed esangui di Cormac McCarthy, Il buio fuori, ad esempio, centrato, anche quello, su un infero incesto. Alcuni passi, tuttavia, hanno l'aria dentro, recano un vento forgiato da Whitman; qui, ad esempio, quando Gene guida un camion lungo i freddi altipiani d'America, con l'amante al fianco, Myra: «All'esterno, il mondo passava tranquillo nei suoi silenzi misteriosi. Una luce, un'ombra, una sagoma ondeggiante tra gli alberi magri, ed era un intero dominio d'amore. Un uomo, una donna, un bambino, una vacca, un letto, un tetto che pacificava gli elementi e attirava pace dal cielo: tutto questo, certo, era amore».

Ai giornalisti, Caldwell disse che scrivere è far veleggiare il fuoco. Poi, con ferma eleganza, li cacciò via. Cosa c'è dentro una parola? Il boato di Dio, il sibilo della bestia braccata. Voglio scrivere di quello, urlò.

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