Il bello del mecenatismo: l’arte è una passione nobile

È un omaggio al mecenatismo e al collezionismo romano la mostra «Dalle collezioni romane dipinti e arredi in dimore nobiliari e raccolte private XVI-XVIII secolo», promossa dalla Provincia di Roma, organizzata dal Centro europeo per il turismo e curata da Francesco Petrucci. Offre una panoramica di capolavori d’arte fra rinascimento e barocco poco visti o inediti (fino al 24 febbraio, Palazzo Incontro, via dei Prefetti, catalogo De Luca).
Sessantatré opere varie per tipologia (dipinti, marmi, bronzi, avori, arazzi, abiti) e provenienza (Aldobrandini, Boncompagni- Ludovisi, Odescalchi, Sacchetti, Marignoli, Lemme), delineano i contorni di una passione per l’arte che è stata nei secoli segno distintivo della nobiltà romana e di cui rimangono testimonianze sia nei musei pubblici che hanno avuto origine da collezioni private, sia nelle raccolte pubbliche e private.
Per rispettare l’allestimento delle quadrerie antiche basate su rigorosi criteri di simmetria, le opere sono esposte secondo la provenienza. Sono della collezione Aldobrandini della villa Belvedere di Frascati il ritratto del cardinale Pietro Aldobrandini, nipote di papa Clemente VIII, mai esposto prima, di Ottavio Leoni che ritrasse molti personaggi «pur che famosi fussero», secondo le acide parole del Baglione. Così come la scenografica Veduta fantastica con il Ninfeo di Villa Aldobrandini, realizzata alla metà del Seicento da Jhonnes Lingelbach nel gusto tipico dei «bamboccianti».
Vengono dai Boncompagni-Ludovisi il ritratto di Gregorio XV, realizzato in toni caravaggeschi dal Guercino e la Veduta del Castello Boncompagni di Isola Liri, attribuito a certo Bidault, un francese incantato dalla grandiosità della natura, come tanti altri viaggiatori del Grand Tour nel ’700.
Disperso nel ’700, ricomparso in un’asta a Londra nel 2001, attribuito al Lanfranco, il Giovane ignudo che costituisce una delle opere di maggior presa della rassegna, è stato riconosciuto da Petrucci come studio preparatorio per la Fontana dei Fiumi del Bernini. È conservato dalla famiglia Forti Bernini che ha prestato anche due pregevoli vedute della campagna romana dei fiamminghi Van Lint e Van Bloemen. Era di Federico Zeri una Sacra Famiglia di Pietro da Cortona ora in collezione privata come il Ritrovamento di Mosè di Gimignani, quasi un bassorilievo antico dalla raffinata gamma coloristica, e l’Allegoria delle quattro stagioni del Romanelli, dai colori preziosi e smaltati.


E poi busti marmorei classicheggianti di Bernardo Fioriti, rari cuoi olandesi decorati, abiti settecenteschi e due Crocifissi, uno in legno e l’altro in avorio fossile, di raffinatissima fattura e squisita eleganza.
Tutti i giorni 10-19. Lunedì chiuso. Ingresso libero.

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