Giornata mondiale dell'endometriosi: i sintomi più comuni e le cause della malattia

Consapevolezza. Questa è la parola chiave della Giornata Mondiale dell'Endometriosi, una malattia che colpisce sempre più donne e per la cui diagnosi servono in media otto anni

Giornata mondiale dell'endometriosi: i sintomi più comuni e le cause della malattia
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Il 28 marzo si celebra la Giornata Mondiale dell'Endometriosi, una malattia altamente invalidante caratterizzata dalla presenza di endometrio in organi differenti dall'utero o in porzioni anomale dello stesso, come ovaie e tube di Falloppio. L'endometrio è lo strato cellulare più interno dell'utero. Durante il ciclo mestruale, grazie all'influenza del progesterone e degli estrogeni, esso si rinnova in maniera regolare.

L'endometriosi, purtroppo, è sempre più diffusa. Si stima infatti che, solo in Italia, ne sono colpite più di 3 milioni di donne soprattutto di età compresa fra i 30 e i 40 anni. Spesso la patologia viene diagnostica in concomitanza con altri disturbi, tra cui il dolore pelvico cronico e la vulvodinia. Se ne distinguono due tipologie:

  • interna o altrimenti definita adenomiosi: l'endometrio si localizza nel miometrio, la parte muscolare dell'utero;
  • esterna: l'endometrio può trovarsi a livello delle pelvi o al di fuori delle stesse.

Le cause dell'endometriosi

Attualmente le cause precise dell'endometriosi non sono note, ma sono state avanzate diverse ipotesi eziologiche. Tra queste una delle più calzanti è la teoria della mestruazione retrograda o teoria di Sampson, secondo cui alcune cellule endometriali "sbagliano" direzione e risalgono lungo le tube di Falloppio fino alla cavità addomino-pelvica. Qui si verrebbero quindi a formare le cosiddette "isole endometrosiche".

La ginecologa Manuela Farris, collaboratrice di INTIMINA, ci ricorda anche la teoria dell'alterazione immunitaria in base alla quale il sistema immunitario riconosce come estranee le cellule endometriali presenti nella cavità addominale e le elimina. È stato riscontrato che le donne affette da endometriosi hanno una probabilità più elevata di sviluppare altre problematiche autoimmuni come il lupus eritematoso sistemico, l'artrite reumatoide e la psoriasi.

«Non è chiaro se sia il sistema immunitario a causare la malattia - afferma Farris - ma ci sono più dati a sostegno dell'idea che possa portare alla progressione della stessa. Capire il ruolo potenziale del sistema immunitario può aprire la strada allo sviluppo di trattamenti immunoterapici mirati».

I fattori di rischio dell'endometriosi

La scienza ha individuato alcuni fattori di rischio in grado di favorire la comparsa della patologia:

  • Menarca precoce;
  • Nulliparità;
  • Menopausa tardiva;
  • Polimenorrea;
  • Ipermenorrea;
  • Familiarità;
  • Anomalie dell'utero;
  • Elevati livelli di estrogeni;
  • Abuso di acol.

Sintomi e conseguenze dell'endometriosi

La sintomatologia dell'endometriosi varia da donna a donna. La paziente può lamentare manifestazioni di entità variabile che includono:

  • Forti crampi nella zona addominale e pelvica;
  • Mestruazioni molto dolorose e abbondanti;
  • Dispareunia;
  • Perdite di sangue tra una mestruazione e l'altra;
  • Algia mentre si urina o si defeca;
  • Sanguinamento rettale durante le mestruazioni:
  • Nausea;
  • Costipazione;
  • Diarrea.

Due sono le conseguenze della malattia: le cisti endometriosiche e le aderenze. Le cisti endometriosiche, ripiene di sangue vecchio e condensato, si localizzano soprattutto nelle ovaie, ma possono essere presenti anche sulle tube di Falloppio, sul peritoneo e su porzioni dell'intestino. Le aderenze, invece, sono fasce di tessuto fibroso cicatriziale e si formano in seguito alle reazioni infiammatorie tipiche del disturbo. Interessano porzioni di utero, ovaie, tube di Falloppio e intestino. L'endometriosi, infine, può favorire l'infertilità.

Diagnosi e trattamento dell'endometriosi

Secondo le statistiche servono in media otto anni per diagnosticare l'endometriosi. A tal fine, oltre alla visita ginecologica, sono necessari esami più specifici tra cui la risonanza magnetica, la TAC e la laparoscopia. Attualmente gli unici approcci terapeutici sono due, quello farmacologico e quello chirurgico. Gli specialisti, in caso di sintomi lievi, consigliano la somministrazione di medicinali antidolorifici oppure prescrivono una cura ormonale ad azione anti-progestinica.

L'intervento chirurgico può essere sia conservativo che demolitivo. La finalità del primo è quella di eliminare le aderenze e di distruggere le lesioni endometriosiche più piccole.

Quando la malattia è particolarmente grave, invece, si deve procedere con l'asportazione dell'utero (isterectomia) e delle ovaie (ovariectomia). Lo scorso anno gli scienziati dell'Università Statale dell'Oregon hanno sviluppato un nuovo approccio nanotecnologico per localizzare e rimuovere le lesioni.

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