Giornata Mondiale del morbo di Parkinson: attenzione a questi sintomi

L'evento, che si celebra ogni anno l'11 aprile, ha l'obiettivo di sensibilizzare quante più persone possibili in merito a questa malattia neurodegenerativa

Giornata Mondiale del morbo di Parkinson: attenzione a questi sintomi

Si celebra l'11 aprile la Giornata Mondiale del morbo di Parkinson. Istituita dall'European Parkinson's Disease Association (EPDA), ricorre proprio questo giorno in onore della data di nascita di James Parkinson, il medico inglese che nel 1817 descrisse per la prima volta i sintomi della malattia.

La Giornata è un'occasione di sensibilizzazione e confronto tra esperti e famiglie e come tale si pone l'obiettivo di accrescere le conoscenze in merito a questa patologia che, solo in Italia colpisce ogni anno 230mila persone. Tuttavia, a causa del crescente invecchiamento della popolazione, questo numero è destinato a salire.

Cos'è il morbo di Parkinson

Il morbo di Parkinson è un disturbo neurodegenerativa a lenta ma progressiva evoluzione. A caratterizzarlo è la neurodegenerazione dei neuroni della cosiddetta substantia nigra, ovvero una piccola area del sistema nervoso centrale. Il loro compito è quello di produrre la dopamina, una molecola fondamentale per il controllo del movimento e della postura.

Da tempo gli scienziati hanno riscontrato nella substantia nigra un accumulo dei corpi di Lewy. Si tratta di inclusioni sferiche formate da aggregati di una proteina denominata "alfa-sinucleina". Proprio la presenza in eccesso dei corpi di Lewy nella substantia nigra giustifica la sintomatologia del disturbo che, come vedremo, si presenta in maniera asimmetrica.

Nel 70% dei casi a soffrire del morbo di Parkinson sono gli individui con più di 65 anni, soprattutto uomini. Gli episodi ad esordio giovanile sono rari (rappresentano infatti circa il 5% delle diagnosi) e quasi sempre possono essere considerati geneticamente determinati.

Le cause del morbo di Parkinson

Le cause precise del morbo di Parkinson restano attualmente sconosciute. Tuttavia si è concordi in merito alla sua genesi multifattoriale. Da un punto di vista genetico sono state individuate forme ereditarie (10-15% dei casi) provocate dalla mutazione di determinati geni: Parkina, Alfa-sinucleina, Glucocerebrosidasi, PINK1, DJ1, LRRK2-dardarina.

Si è notata anche una correlazione tra l'insorgenza della patologia e alcuni fattori ambientali. Questi includono lo stile di vita (fumo di sigaretta, dieta sbilanciata) e l'esposizione a sostanze tossiche (metalli pesanti, pesticidi, insetticidi, idrocarburi, prodotti chimici industriali e usati in ambito agricolo).

Non bisogna, infine, dimenticare il ruolo dei fattori endogeni. Essi includono l'accumulo di ferro nella substantia nigra, lo stress ossidativo, le disfunzioni mitocondriali e il fenomeno dell'eccito-tossicità.

I sintomi del morbo di Parkinson

Una delle caratteristiche del morbo di Parkinson è l'evoluzione lenta della sintomatologia. Basti pensare, ad esempio, che tra l'esordio e lo stadio finale possono passare anche dieci o quindici anni. Generalmente i primi sintomi sono quelli motori che, come abbiamo già detto, nella maggior parte dei casi si manifestano in un solo lato del corpo. Essi includono:

  • Tremore
  • Bradicinesia, ovvero lentezza nei movimenti
  • Rigidità muscolare e articolare
  • Disturbi della deambulazione
  • Instabilità posturale
  • Dolori e parestesie diffuse.

Con il trascorrere del tempo alla sintomatologia motoria si aggiungono le proplematiche neurologiche:

  • Depressione
  • Ansia
  • Demenza
  • Allucinazioni.

E problematiche autonomiche:

  • Riduzione del peso
  • Disfagia
  • Scialorrea
  • Insonnia
  • Urgenza minzionale
  • Stipsi
  • Perdita dell'olfatto
  • Deficit dell'erezione
  • Ipotensione ortostatica.

La diagnosi del morbo di Parkinson

La diagnosi del morbo di Parkinson si basa in prima battuta sulla visita neurologica la quale, oltre all'anamnesi, include un esame obiettivo che prevede l'utilizzo dei parametri di scale di valutazione. La più utilizzata è la UPDRS (Unifield Parkinson's Disease Rating Scale) che tiene in considerazione: le attività quotidiane, le capacità cognitive, il comportamento, l'umore, le abilità e le complicanze motorie del paziente.

Successivamente si eseguono esami strumentali (TAC, PET, RM) e indagini di laboratorio. Queste ultime includono i test farmacologici per i quali sono impiegate l'apomorfina e la L-dopa. L'apomorfina si somministra sottocute e si usa per valutare l'attività dei recettori dopaminergici. Con il test della L-dopa, invece, si osserva la capacità dei neuroni residui di convertire la L-dopa in dopamina e l'efficienza dei recettori.

Il trattamento del morbo di Parkinson

Lo scopo principale della terapia farmacologica è quello di sostituire il deficit di dopamina mediante l'impiego della Levodopa, ovvero il precursore fisiologico della dopamina. Questo è uno dei medicinali maggiormente tollerati, in particolar modo negli anziani. Tuttavia, quando la sua concentrazione ematica è massima, può provocare discinesie e irrequietezza.

Altri farmaci che possono essere prescritti includono gli agonisti della dopamina, gli inibitori delle monoamino-ossidasi di tipo B (IMAO-B), gli inibitori delle catecol-O-metil transferasi (COMT) e gli anticolinergici.

Qualora la terapia farmacologica non sortisse gli effetti sperati, potrebbe essere indicato un intervento chirurgico di stimolazione cerebrale profonda. L'operazione prevede l'impianto di un pacemaker in una specifica area del cervello al fine di stimolare la zona danneggiata dalla malattia.

La scienza continua a fare passi da gigante.

Recentemente i chimici organici dell'Università della California-Los Angeles hanno creato la prima versione sintetica di una molecola, l'acido lissodendorico A, scoperta in una spugna di mare che potrebbe avere benefici terapeutici per il morbo di Parkinson. Ne abbiamo parlato in maniera approfondita in questo articolo.

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