Roma«Talvolta ti azzannano da tutte le parti ma tu sei convinto di essere nel giusto e vai avanti per la tua strada. Ma se molti ti abbracciano, vai avanti meglio». Silvio Berlusconi risponde alla standing ovation che gli riserva la platea dei circa duemila sostenitori del gruppo dei piccoli confondatori del Pdl - gli ex Dc ed ex Psi di Gianfranco Rotondi, Carlo Giovanardi e Stefano Caldoro - aprendo una finestra sul suo stato danimo e pronunciando una frase che sembra tratta dal Se di Kipling. I cori «Silvio, Silvio», evidentemente, in tempi in cui il diritto di opposizione diventa facilmente libertà di assedio del Parlamento, funzionano come un balsamo per lumore del premier.
Berlusconi non ne fa mistero e, complice unatmosfera che trasmette affetto e calore, si lascia andare e si concede per oltre unora dal palco, scolpendo un attacco a tutto tondo che colpisce uno dopo laltro la magistratura, la Corte costituzionale e Gianfranco Fini. Nessun eufemismo di media trasparenza, nessun ricorso a formule blande ma concetti chiari e diretti contro quella parte di magistrati politicizzati che vengono usati dalla sinistra «per farmi fuori perché per loro io rappresento un ostacolo».
Berlusconi si sente accerchiato e non lo nasconde. «Mi azzannano da tutte le parti», «mi attaccano sulle televisioni, hanno attentato alla mia vita, ma per fortuna hanno sbagliato mira. Ora tentano anche un attacco patrimoniale. Tentano tutti di attaccarmi ma non vinceranno - garantisce - non ci riusciranno». Anche perché «io sono nel giusto» e dunque «vado avanti deciso per la mia strada». «Da 17 anni a questa parte - spiega - i giudici cercano di far fuori il sottoscritto perché la sinistra considera Silvio Berlusconi un ostacolo da rimuovere per riprendere il potere. Ho giurato che nessuno dei fatti sul quale i magistrati hanno costruito i 31 processi che mi riguardano corrispondono a realtà. Per questo non sono mai stato preoccupato. Alla fine ci sarà un giudice a Berlino». «Certo non fa bene allimmagine dellItalia e del governo che il presidente del Consiglio abbia in casa la magistratura addosso per 31 processi. La sua immagine diventa peggiore di quella di Al Capone» continua il premier. «Non è il modo migliore per dare forza al Paese quello di chiamare il presidente del Consiglio in tribunale. Una cosa dissennata, soprattutto avendo una magistratura che lavora non per il Paese ma contro il Paese».
Berlusconi concentra il suo attacco contro il correntismo nella magistratura, puntando il dito soprattutto contro Magistratura democratica, e contro la Corte costituzionale diventata «un organo politico». Ma è quando parla della vicenda Mondadori che il tono si fa più acceso. «Ora contro di me è in atto anche un attacco patrimoniale» perché «a Milano cè un giudice di cui potrei dire molto, che ha formulato una sentenza a favore della tessera numero uno del Pd, De Benedetti, attribuendoci 750 milioni di danni per un lodo a cui la Mondadori fu costretta». Con il risultato che ora allazienda «che ha 252 milioni di valore, si chiede di risarcirne 750». Un attacco che provoca la reazione della Cir. Con un comunicato la holding controllata da Carlo De Benedetti sottolinea che «quando il presidente Berlusconi definisce la sentenza civile di primo grado sul Lodo Mondadori una rapina a mano armata dimentica di dire che lunico reato di questa lunga vicenda, come stabilito dalla Corte di Cassazione, è stata la corruzione del giudice Vittorio Metta perpetrata nellinteresse di Fininvest nel 1991».
Il secondo obiettivo di Berlusconi è Gianfranco Fini al quale prima riserva una battuta al vetriolo, sia pure corredata da una buona dose di ironia. «Qualcuno diceva in platea che Fini invece che cofondatore del Pdl aveva letto co-affondatore». Poi le battute si trasformano in accuse. «Finalmente dopo un anno di critiche Fini se ne è andato. Finché cè stato lui non è stato possibile fare la riforma della giustizia perché cera un patto tra lui e i magistrati che gli garantivano protezione, mentre lui garantiva loro che non sarebbe mai passata una riforma della giustizia sgradita ai magistrati e che solo quando Berlusconi non ci fosse stato più lui avrebbe discusso con i giudici una riforma della giustizia».
Il premier si dice convinto che la maggioranza, senza Fini e Casini, abbia la possibilità di procedere spedita nel cammino delle riforme. Tanto più che «con due deputati dellopposizione che potrebbero astenersi nei prossimi passaggi la maggioranza arriverà a 330 alla Camera».
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