Berlusconi: "Necessario solo il voto". Fini: "Marini non ce la farà"

Chiesto lo scioglimento immediato delle Camere. Intesa tra il Cavaliere e Casini: "Nella prossima legislatura le riforme siano bipartisan". E Bossi: "Basta giochi di prestigio". Il leader di An: "Marini rimetterà il mandato"

Berlusconi: "Necessario solo il voto". Fini: "Marini non ce la farà"

Roma - Prima il voto, poi le riforme. All'incarico conferito al presidente di Palazzo Madama, Franco Marini, i leader di Forza Italia e Udc, Berlusconi e Casini, hanno chiesto di tornare al voto "senza esitazioni".

Berlusconi: "Al voto subito" "A Marini diremo di andare subito al voto". Il leader azzurro Silvio Berlusconi sintetizza con queste parole l'incontro avuto con Casini. "Quando in una democrazia cade un governo si ritorna agli elettori - ha commentato il Cavaliere chiudendo la porta a Marini - mi meraviglierei se cominciassero delle trattative ad personam nei confronti di singoli senatori, con offerte più o meno aperte di ministeri o presidenze di commissioni". Berlusconi, quindi, chiede che ci sia "qualcosa di aperto, solare e democratico" nei prossimi giorni perché "sarebbe assurdo andare a caccia di due o tre senatori".

Il Cavaliere e Casini: riforme bipartisan dopo il voto "Nella prossima legislatura le riforme siano bipartisan". Dopo un lungo faccia a faccia, Berlusconi e Casini hanno fatto sapere che il centrodestra si impegnerò a "promuovere le riforme costituzionali necessarie ed utili al paese con la convinzione che queste non possano essere realizzate nel solo perimetro di una parte politica". Secondo Casini e Berlusconi "la prossima legislatura deve essere una legislatura costituente". I due leader punteranno "non solo migliorare la legge elettorale ma anche il federalismo, riequilibrare i rapporti tra governo e Parlamento, tra potere giudiziario e legislativo". "Il nostro Paese ha bisogno di tornare ad essere competitivo e non può farlo senza istituzioni efficienti", hanno spiegato i due leader impegnandosi a promuovere "le riforme costituzionali necessarie e utili al Paese con la convinzione che queste non possono essere realizzate nel solo perimetro di una parte politica".

Fini: "Marini rimetterà il mandato" "Le motivazioni addotte dal presidente Napolitano per affidare l’incarico al presidente Marini sono comprensibili, perché sciogliere le Camere è sempre un fatto traumatico. È largamente prevedibile che Marini verificherà l’insussistenza di qualsiasi possibilità di varare una legge elettorale largamente condivisa. Rimetterà il mandato e calerà il sipario". Lo dice il leader di An Gianfranco Fini lasciando Parigi e commentando la decisione del Quirinale di affidare a Franco Marini un incarico esplorativo per risolvere la crisi. "Questo è l’ultimo atto", aggiunge Fini escludendo la possibilità di un eventuale ulteriore mandato, per esempio a Giuliano Amato.

Bossi: "No ai giochi di prestigio" "Meno male che Napolitano ha dato solo un mandato esplorativo...perché qui stanno comunque cercando di far passare il tempo e adesso è il momento di dire basta ai giochi di prestigio", ha detto il leader della Lega Nord, Umberto Bossi. "Il gioco di prestigio sia quello di fare un governo che indice e fissa il referendum elettorale", fa eco al Senatùr il vicepresidente del Senato, Roberto Calderoli chiedendosi "il motivo di tanta testardaggine". E precisa: "Se anche Marini dovesse trovare una maggioranza, sarebbe risicatissima e quindi nascerebbe un governo incapace di governare".

Lo strappo di Baccini I senatori centristi hanno confermato "la propria condivisione della linea politica che l’Udc ha seguito in questa crisi di governo". Essendo "venuta meno la possibilità di un governo di pacificazione nazionale" i senatori centristi hanno chiesto, "senza indugio", lo scioglimento delle Camere e l’indizione delle votazioni. Tra i firmatari, però, manca il senatore Mario Baccini.

Rotondi: "Tentativo estremo" "La

soluzione migliore sono le elezioni", ha commentato Gianfranco Rotondi segretario della DcA, puntando il dito contro il Colle, colpevole di percorrere "l’estremo tentativo" della prassi istituzionale "per venirne fuori".

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