Berlusconi è ottimista: "Avanti con le riforme"

Il premier accetta le critiche dell’alleato ma è fiducioso e promette che porterà subito in parlamento alcune richieste: "Non c’è alternativa a questo governo"

Berlusconi è ottimista:  
"Avanti con le riforme"

Francesco Cramer - Alberto Giannoni

«Avanti così». Berlusconi è rasserenato dalle parole di Bossi che, di fronte a una base sempre più irrequieta, non ha ceduto alle tentazioni dello strappo. «Con Umberto siamo d’accordo: il governo prosegue per fare le riforme». Ostenta ottimismo il Cavaliere che ai suoi dice «troveremo la quadra su tutto». La minaccia leghista del «O colpo d’ala o governo kaputt» era messa in conto già alla vigilia del raduno di Pontida. L’importante, per il Cavaliere, è che siamo ancora all’ultimatum e non allo show down. Neppure quell’avviso di sfratto urlato dal palco dall’amico Umberto («Caro Silvio, la tua premiership è in discussione alle prossime elezioni se non vengono approvate le nostre richieste», ndr), lo ha messo in agitazione: «Ci sono i margini per andare avanti». Poi, in serata, in vista a un alpino ferito in Afghanistan e ad alcuni ribelli libici ricoverati all’ospedale di Niguarda a Milano, torna sull’argomento: «È assolutamente confermato che la nostra alleanza non ha alternative e che c’è la volontà di proseguire la legislatura operando scelte su cui c’è accordo consolidato. Continueremo, come previsto, a governare il paese per cinque anni secondo quanto stabilito dalla Costituzione».

Le richieste del Carroccio vengono accolte dal premier: «Martedì e mercoledì sarò al Senato e alla Camera per illustrare un programma ormai definito che conterrà alcune delle richieste fatte a Pontida».
La lista delle richieste del Carroccio è lunga ma molti dei punti gridati al pratone gremito di Pontida sono del tutto condivisibili. Bene la richiesta di allentare il patto di stabilità interno per permettere ai Comuni virtuosi di spendere di più; benissimo il taglio dei costi della politica e l’abolizione delle ganasce fiscali; ottima la sponda sulla riforma fiscale e l’intesa nel chiedere a Tremonti più coraggio. È al ministro dell’Economia, più che al premier, che il Senatùr si è rivolto affinché trovi le risorse per abbassare le tasse. Bene anche il dimezzamento del numero dei parlamentari e la riforma costituzionale in senso federalista.

Più spinose le questioni Libia e trasferimento dei ministeri. Sul primo punto, è evidente che l’Italia non può tirarsi indietro da un giorno all’altro ma un segnale forte verso un ripensamento delle nostre missioni all’estero lo si può anche dare; per esempio impegnando il governo per favorire una soluzione diplomatica al conflitto e magari porre un termine alla nostra partecipazione attiva alla missione. Sul capitolo dei ministeri al Nord, il Cavaliere invece sbuffa. Non tanto per i desiderata leghisti di spostare i dicasteri di Lavoro a Milano, Economia, Riforme e Semplificazione alla villa Reale di Monza; quanto per la successiva e immediata levata di scudi del tandem Alemanno e Polverini. Il sindaco di Roma e il governatore del Lazio infatti hanno subito promesso battaglia annunciando «una mozione parlamentare per dire in maniera chiara che i ministeri non si spostano e che Roma è la capitale; e una petizione popolare per mobilitare tutto il popolo di Roma e non solo e quindi sbarrare la strada a Bossi».

Eppure il premier si era raccomandato di non dar fuoco alle polveri su questi temi e di tenere toni bassi. «È un momento delicato, non dobbiamo dividerci», aveva esortato i suoi. Invece... La linea del Cavaliere è quella espressa dal capogruppo del Pdl, Fabrizio Cicchitto: «Per ciò che riguarda i ministeri abbiamo già rilevato che essi non possono non rimanere collocati a Roma secondo il dettato costituzionale. Mentre invece possono avere sedi distaccate e decentrate di rappresentanza. Bisogna lavorare su questi altri temi in modo positivo senza radicalizzare in un senso o nell’altro le posizioni». Lo stesso Cavaliere, all’uscita dall’ospedale, torna sul concetto: «Anche nella vita quotidiana spesso la dialettica è eccessiva e si procede in un clima da guerra civile. Bisogna invece trarre insegnamento da chi soffre e dai nostri militari che dimostrano un grande attaccamento al corpo degli Alpini e al Paese».

Piena soddisfazione da parte del premier, invece, per l’analisi che Bossi ha fatto dal palco sull’ipotesi di mandare a casa questo governo: «Se facciamo cadere Berlusconi si va subito a votare e questo è un momento favorevole alla sinistra - ha gridato il Senatùr - non ci prendiamo la responsabilità di mandare in malora il paese, saremo tutti insieme a decidere se andare avanti con Berlusconi o no».

Nessun colpo di testa, quindi, ma un atteggiamento guardingo che il Cavaliere è intenzionato a sfruttare, sebbene senza sottovalutarlo. L’ottimismo del premier non manca: «Avrò i numeri in Parlamento. Alle elezioni di medio termine abbiamo pagato il dazio della crisi, ma questo non significa dover interrompere il governo e la legislatura».

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