Quei cari ragazzi della Rave Parade hanno provato di tutto per farsi notare. Nel rimbombo elettronico della loro musica hanno bevuto smodatamente, mangiato abbondantemente, fumato non sappiamo cosa. Di tutto, di più. Se ne sono infischiati dei fanti e, soprattutto, hanno insultato i santi, pensando probabilmente che una bestemmia lanciata al cielo avrebbe conferito loro unaura sulfurea. Eppure, pare che nessuno li abbia visti o sia riuscito a leggere il loro striscione ignobile, nonostante i caratteri esagerati.
Veramente singolare, occhio non vede sindaco non duole.
È proprio curioso che nessuno abbia notato quella scritta, anche perché noi sappiamo che i censori del «politicamente corretto» non riposano mai, né di giorno né di notte, e controllano ogni virgola. Di regola sono ovunque, occhiuti e zelanti. Vanno allo stadio e capita talvolta che si perdano un rigore, ma mai che sfugga loro la scritta razzista. E allora si scatenano, giustamente, perché il tifo sportivo non può e non deve giustificare il cedimento alla violenza e alla predicazione dellodio. E inoltre controllano, sempre allo stadio, se sei «dedito alla stretta di mano» o se saluti romanamente: la differenza conta, ancora oggi.
Implacabili censori. Se vanno a una festa della Lega Nord non si lasciano sedurre dal profumo delle salamelle alla griglia o dalle mille sfumature del verde padano, ma riescono subito a beccare la scritta dei cretini, dei quali statisticamente una quota tocca a tutti i partiti. E allora i censori stigmatizzano con grande sfoggio di moralismo. Più che giusto.
Perché a Bologna il meccanismo non ha funzionato? Sospettiamo che i censori abbiano chiuso gli occhi per evidenti motivi di simpatia o di comparaggio politico. Perché è la politica che rende visibili e, quando serve, del tutto invisibili.
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