Onorevole De Michelis, che effetto le fa vedere gli americani in piazza a festeggiare l'uccisione di Bin Laden?
“Mi pare comprensibile e prevedibile, conoscendo la psicologia dell'americano medio, questo risultato è un risultato straordinario, atteso da 10 anni e quindi il giubilo è prevedibile”.
Ma sarebbe stato meglio catturarlo e processarlo?
“Ma guardi, quello su cui bisognerà riflettere è il senso dato dall'amministrazione Obama ed è una condizione che viene ritenuta preliminare a quella che io chiamo il nuovo polo dell'America nel mondo”.
In che senso?
“Da oggi in poi Obama capisce che il suo ruolo deve fare i conti con una configurazione diversa, con un mondo diventato irreversibilmente multipolare e deve adattarsi e accettare l'idea di fare parte, sia pur essendone il perno, di una governance multilaterale di questo mondo multipolare. La conseguenza di questo è che deve essere lanciato un messaggio.”
Quale?
“Che chi pensa di restare fuori da questa comunità internazionale è destinato a una sanzione o viene fatto fuori, come è successo con l'uccisione in termini di linciaggio, di giustizia è fatta, da far west di Osama Bin Laden”.
Eppure alcuni osservatori sostengono che ormai la struttura che faceva capo a Bin Laden non fosse operativa già da molto tempo e che si è trattata per lo più di un'operazione simbolica...
“Sì, però il simbolo è molto forte perché il simbolo serve a lanciare questo messaggio erga omnes, e varrà per Assad in Siria, per Saleh nello Yemen: chi non sta alle regole ne paga il prezzo”
E' più significativa la morte di Bin Laden o quella di Saddam Hussein?
“Quella di Bin Laden perché si è reso responsabile di un colpo inferto direttamente sul suolo americano”
Quali potrebbero essere le ripercussioni internazionali da oggi in poi?
“E' ovvio che l'esercizio di atti simbolici di così grande potere evocativo rischia di creare delle ripercussioni, ma credo che mai più un'organizzazione come al Qaeda potrebbe realizzare colpi come quelli dell'11 settembre.
Dica
“Mi aspetto che inevitabilmente uno dei passi dell'amministrazione Obama sarà in qualche maniera la riapertura di un rapporto con l'Iran”
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