Bush mette un falco accanto alla Rice

da Washington

Il Congresso democratico si è insediato a Washington e subito il presidente George Bush gli ha fatto capire che per lui le cose non cambiano poi tanto. Glielo ha detto a parole, glielo ha mostrato con i fatti. All’opposizione diventata maggioranza l’uomo della Casa Bianca ha sì «teso una mano», ma non quella che sta al volante e la rotta ne risentirà ben presto. Parole e fatti. Un appello di cooperazione «al di sopra dei partiti per il bene del Paese», ma con una immediata riserva: «È cambiato il Congresso ma non gli obblighi verso la nazione».
Tradotto nei fatti: il segretario di Stato Condoleezza Rice ha un vice che viene dalla «riserva» dei falchi più determinati e coerenti: John Negroponte, capo della National intelligence (coordina i servizi segreti), il quale ha rappresentato Bush al Palazzo di Vetro di New York e nella «zona verde» di Bagdad, veterano prima della guerra clandestina in Nicaragua, più diplomatico nei toni ma alquanto simile nella sostanza a John Bolton, l’ambasciatore all’Onu «defenestrato» dal Senato.
Nuovo capo della National intelligence è il vice ammiraglio in pensione, Mike McConnell, ex direttore della National security agency, l’agenzia di spionaggio elettronico.
Negroponte, politicamente quanto mai dissimile dal personale consigliato dal «gruppo di studio» sull’Irak, molto famoso per qualche settimana e oggi apparentemente avviato a un decoroso, progressivo tramonto. Certamente non la più urgente, l’inizio di un disimpegno militare in Irak: Bush è infatti deciso di mandare a Bagdad, invece, decine di migliaia di rinforzi, tutte «unità di combattimento» e secondo ogni logica preludio a un ritorno all’offensiva, quasi certamente concentrata nella o attorno alla capitale, con bersaglio non ancora noto: i residui guerriglieri sunniti nell’Anbar oppure le milizie sciite estremiste ispirate da Al Sadr.


Nell’un caso o nell’altro, una chiara «lettura» di un’altra promessa di Bush al nuovo Congresso: «Abbiamo ora l’occasione di costruire un consenso al di sopra delle parti», ma - ha aggiunto subito - «per combattere la guerra e vincerla».
In altri termini, non si cambia rotta. Non solo sull’Irak. Prevenendo una imminente iniziativa dei democratici per aumentare certe tasse, Bush ha risposto: «Le elezioni non hanno cambiato le leggi dell’economia».

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