Piera Anna Franini
È barbarica più che mai Elektra vista sabato agli Arcimboldi, tragedia in un atto di Hugo von Hofmannsthal e musica di Richard Strauss, allestita fino al 30 maggio. Dirige Semyon Bychkov che, tracciando un lungo arco teso, senza posa, comprime spazi e tempi. Anche là dove il canto si allarga e ammorbidisce, si insinuano ombre sinistre. Le mollezze che segnano lincontro di Elektra con Oreste per esempio, sono screziate di una luce malevola, latmosfera si fa allucinata. Quando Elektra è lì, sola, ridotta a bestia miserabile, lorchestra spilla angoscia. Orchestra che si trascina faticosamente, come affaticata dal fardello della memoria, quando assieme a Elektra racconta allo straniero, che poi si rivelerà essere Oreste, la perdita del fratello. Veste i panni di Elektra la giunonica Deborah Polaski, bel temperamento ma la voce non è miracolosa. Considerazioni al rovescio per la Crisotemide di Anne Schwanewilms, voce bella ma piccolissima, spesso coperta dallorchestra. Gelida e autoritaria la Clitennestra di Felicity Palmer, forse il personaggio meglio tratteggiato. Bello lOreste di Alfred Walzer che veste Armani. I protagonisti, invece, indossano vestiti senza tempo, avvolta nelle piume Clitennestra e la bella Crisotemide, simbolo della femminilità, Elektra veste tessuti poveri. Abiti di lavoro, di tela cerata, per serve e stallieri.
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