da Roma
«Ma a che gioco giocano quelli della Margherita?». Da Strasburgo, il capogruppo Antonio Tajani ringhia indignato contro il partito di Rutelli. Che a Roma si affanna a indicare Rifondazione e Verdi come ideatori del fallito attentato a monsignor Bagnasco e a prendere le distanze dai Dico, ma che in sede di europarlamento ha addirittura scavalcato le truppe di Bertinotti ed ha votato senza traumi contro «i commenti discriminatori formulati da dirigenti religiosi in quanto fomentano odio e violenza» contro gli omosessuali.
E non si limita a generiche accuse Tajani. Armato di verbali e resoconti racconta la storia da dietro le quinte e fa nomi. A partire da quello di Vittorio Prodi, fratello del premier, che assieme a Luigi Cocilovo (anche lui della Margherita dopo una lunga carriera in Cisl), ha dato il suo sì alla mozione contro lomofobia e le ingerenze delle religioni in materia. Diversamente dallex-sindaco di Venezia Paolo Costa che almeno ha scelto lastensione. «Leggo che a Roma - prosegue Tajani - cè qualcuno che addirittura cerca di sostenere che Patrizia Toia, anche lei margherita, inserita nel gruppo liberale dellAlde, si sarebbe data da fare per eliminare i riferimenti a monsignor Bagnasco...! Si tratta di un falso clamoroso! La Toia non sè vista per niente in questo frangente. E nella risoluzione messa a punto dallAlde, prima che fosse concordato un testo comune cera, chiarissimo, il riferimento al presidente della Cei come esempio da condannare. Anzi, erano le stesse identiche righe, in fotocopia, che si ritrovavano tanto nel documento dei Verdi e della sinistra comunista che in quello dei socialisti. Eppure non hanno battuto ciglio, la Toia e gli altri. E non è finita qui...».
Ancora Tajani, come un fiume in piena, rivela che dopo la cancellazione del riferimento a monsignor Bagnasco («E devo confessare che a sorpresa sono stati più malleabili quelli di Rifondazione che i margheriti...») il Ppe aveva chiesto al presidente dellEuroparlamento Poettering un rinvio del voto al 15 maggio, così da «scavallare» senza troppe polemiche quel Family day che già arroventa il dibattito politico nazionale. Come da regolamento, si è dovuti andare al voto su quella richiesta, e anche qui - e il tabulato lo conferma senza ombre di dubbio - gli uomini della Margherita sono scesi in campo a dire no: i soliti Prodi e Cocilovo, ma anche il capogruppo Pistelli e la laica Sbarbati, che si sono aggiunti a Musacchio (Gue/Ngl) e ai socialisti Napoletano, Pittella, Zingaretti e Zani. «Segno evidente della loro volontà di bacchettare la conferenza episcopale italiana», osserva il capogruppo azzurro.
A quel punto, nel voto sulla mozione unitaria definita da Ps, Verdi, Gue/Ngl e Alde, Prodi e Cocilovo hanno dato il loro «sì», mentre «altri - osserva Tajani - si sono eclissati magari per non compromettere il loro rapporto con la Chiesa in Italia, a cominciare proprio da Pistelli». Sapere che in Italia dalla sede della Margherita si tende oggi a scaricare tutta le responsabilità del voto su Rifondazione e i Verdi, Tajani non lo manda giù: «Tentano di creare una cortina di fumo, ma i documenti dellEuroparlamento parlano chiaro.
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